Assemblea pubblica: argomenti molto convincenti

Abbondantemente superate le mille firme sulla petizione che chiede di bloccare i lavori di costruzione del ripetitore 5G e di cercare un'altra ubicazione. Ma l'Amministrazione non sembra voler intervenire.
Erano anni che non si vedeva una sala consiliare con così tanta gente. Oltre un centinaio di persone, per l'assemblea convocata dal comitato spontaneo, nato per scongiurare l'installazione del ripetitore sul colle di San Gavino. Alle 18.30 spaccate il rappresentante del comitato, Pinuccio Deroma, ha cominciato a parlare, alla presenza della cittadinanza e di alcuni membri del consiglio comunale (per la maggioranza il sindaco Angelo Sini, il suo vice Carlo Pastorino, l'assessore Antonella Fiori ed i consiglieri Picus e Arcadu; per l'opposizione i consiglieri Canalis, Congiu e Doneddu), spiegando i motivi per cui non solo l'installazione in quel luogo è sbagliata, così vicina alle abitazioni di Via Istria e al parco delle rimembranze per i caduti della Prima guerra mondiale; è anche illegittima, perché l'iter burocratico presenta notevoli manchevolezze, a partire dalla assenza di pubblicità della concessione, dal diritto che hanno i cittadini e i proprietari di sapere se una torre di 35 metri deve essere installata attaccata alle mura di casa.
È stato anche portato all'attenzione un precedente, in cui il TAR campano ha bloccato dei lavori simili per la mancata pubblicità degli atti. Inoltre, emerge che nella compilazione della richiesta di concessione per la costruzione del ripetitore ci sarebbe un errore non di poco conto: sarebbe stato affermato che la costruzione non avrebbe recato danni a terzi. Un'inesattezza, dato che i comproprietari della lottizzazione hanno già presentato ricorso al TAR (il cui giudizio è atteso per il 12 aprile).
Il portavoce del vicinato ha raccontato che, istintivamente, appena appresa la notizia della natura dei lavori, ha contattato il sindaco, per sentirsi rispondere che l'intera vicenda del ripetitore era soltanto una questione fra privati in cui il Primo cittadino non può fare nulla. Come se non si trattasse, tra le altre cose, di un oltraggio a un luogo simbolo del nostro paese.
A questo proposito è intervenuta la dottoressa Maria Antonietta Mongiu che, con le sue competenze archeologiche, ha ricostruito in breve la storia del colle di san Gavino, la cui antropizzazione risale all'età nuragica ed è proseguita nei millenni a seguire, passando per i romani e la strada romana che si snoda proprio sotto san Gavino, con i resti di un convento benedettino e, infine con il memoriale per i caduti della Grande guerra e la dedica di Gabriele D'Annunzio. L'archeologa fa un parallelismo con Tuvixeddu a Cagliari. Come Tuvixeddu, anche San Gavino è un «luogo di lunga durata che vive nella contemporaneità pur essendo antropizzato dall'antichità». Dunque, bisogna evitare in ogni modo il danneggiamento di san Gavino, bene archeologico e identitario dei pattadesi da tutelare in ogni maniera.
Interviene a questo punto il capogruppo dell'opposizione in Consiglio comunale Renzo Canalis, che dopo un'iniziale vena poetica di matrice leopardiana ("Sempre caro mi fu questo ermo colle") prova a spiegarsi come sia stato possibile arrivare a questo punto: la superficialità amministrativa con cui è stata gestita tutta la vicenda è dovuta certamente alle carenze di personale dell'ufficio tecnico; e, inoltre, se ci si fosse impegnati a far funzionare le commissioni consiliari il problema si sarebbe potuto affrontare prima e con più efficienza.
Risponde Angelo Sini, il sindaco. Dichiara che solo la Soprintendenza ai beni culturali può fermare i lavori. Lui stesso dichiara di aver provato a sollecitarla fin da subito senza nessun risultato, aggiungendo che i sindaci oramai non possono fare nulla per il governo del territorio. Sorvola su tutte le accuse di carenze procedurali.
Rispondono prima la professoressa Mongiu (in Soprintendenza ci sono 5 funzionari per 12mila pratiche e non è vero che i sindaci non possono far nulla) e poi Pinuccio Deroma, ponendo una domanda: e se la Soprintendenza non dovesse rispondere? Ci si dovrebbe arrendere? Bisognerebbe davvero rinunciare all'interesse collettivo in favore degli interessi privati di pochi?
Gli abitanti del quartiere e tutta la comunità pattadese dovranno impegnarsi per impedire che il colle di San Gavino venga deturpato da quello che viene definito un ecomostro. Prima dell'assemblea era stata inaugurata una raccolta firme che ha ottenuto, in pochi giorni, 950 firme e che prevedibilmente nel fine settimana supererà il migliaio.
Tra i partecipanti all'assemblea c'era, comunque, un certo malcontento per come l'amministrazione si è comportata nella vicenda: prima conservando quasi la segretezza su una vicenda evidentemente di interesse pubblico (e dire che lo slogan con cui la lista Pro sa Idda ha vinto le passate elezioni recitava Continuiamo a percorrere insieme la strada della trasparenza), poi sminuendo la vicenda come un semplice fatto tra privati e ancora rimarcando una presunta correttezza nell'iter burocratico che invece viene contestata dai contrari all'installazione.
Insomma, il sindaco afferma di aver fatto tutto quanto in suo potere, il comitato ritiene che questo non sia vero e che l'amministrazione dovrebbe bloccare subito in attesa del pronunciamento del TAR e della sovrintendenza. Ci sarà comunque modo di approfondire quando sarà convocato il Consiglio comunale, con interpellanze dell'opposizione in merito all'installazione del ripetitore e all'assenza nell'albo pretorio di tutto l'anno 2022 (sempre per rimarcare la trasparenza!)
L'enorme partecipazione all'assemblea fa ben sperare per un risveglio di un sentimento collettivo di appartenenza al paese e alla comunità e, si spera, una ripresa dell'impegno nella amministrazione di Pattada. Un sentimento e una voglia di impegno che erano scemati in tutti gli anni passati.
L'unica pecca è stata l'assenza di giovani. Gli under 35 che hanno partecipato all'assemblea si possono contare sulle dita di una sola mano. (gm)