Covid-19: una battaglia lunga combattuta male

12.11.2020

Erano tutte balle! Quando ci ripetevamo, all'inizio della primavera, che sarebbe cambiato tutto, che gli uomini - aggrediti dalla pandemia - avrebbero capito, avrebbero riscoperto la solidarietà, la fratellanza... Finita la paura, quella delle centinaia di morti quotidiane, delle bare caricate sui camion militari, dei medici e infermieri prostrati dalla fatica di turni massacranti, tutto è tornato come prima. Il «liberi tutti!» decretato dal governo all'inizio dell'estate, su pressione delle Regioni e dei poteri economici, ha fatto da incubatore alla seconda ondata (sottovalutata, anche se prevista) dei contagi e siamo tornati quasi al punto di partenza, vanificando i sacrifici fatti.

Al malessere crescente, comprensibile, di chi ha sofferto particolarmente il lockdown si aggiunge ora la violenza fomentata da gruppi che per lo più facevano parte dei negazionisti, di chi - seguendo esperti inaffidabili e avventurieri politici - ha continuato a sottovalutare il pericolo di un virus ancora per molti versi sconosciuto.

A una generazione che ha perso - o alla quale non è stato proprio inculcato - il senso del sacrificio è stata consentita la celebrazione della futilità: nelle discoteche, nelle movide notturne, nelle feste organizzate senza alcuna precauzione. E quella futilità mette ora a rischio anche le attività essenziali. Così come, dalle città la pandemia si è estesa ai paesi, anche ai più piccoli, anche ai nostri.

Nel nostro paese non ci sono stati finora, per fortuna, decessi dovuti al Covid-19; ma anche qui i contagi aumentano, tra l'altro in una situazione di scarsa in-formazione che rasenta l'omertà, come se chi ha avuto la sfortuna di contrarre la malattia fosse personalmente colpevole e andasse protetto da un giudizio sociale, piuttosto che aiutato a guarire e a non far ammalare gli altri, soprattutto chi, per la sua situazione, potrebbe correre rischi maggiori.

Così è difficile sapere quanti, ad oggi, sono stati contagiati e quanti sono in quarantena (volontaria o imposta). Agli otto-dieci delle comunicazioni ufficiali corrisponde un numero effettivo almeno dieci volte più grande. Ma se ne parla sottovoce, nascono chiacchiere infondate (e liste diffuse senza alcun rispetto per le persone) che alimentano la confusione e intorbidano un clima che, in un paese come il nostro - dove tutti si conoscono - potrebbe essere vigile e sereno. Emergono solo i casi più eclatanti, quelli che magari hanno necessità di un ricovero ospedaliero o di cure più invasive, ma i numeri ufficiali sono colpevolmente molto più bassi di quelli reali. Ogni tanto un comunicato del Comune richiama al rispetto delle regole, ma basta un giro per le strade del paese per vedere che continua ad esserci chi delle regole non si preoccupa, senza che nessuno si impegni a fargliele osservare.

Certo, tutto è cominciato ai piani alti, nelle stanze - anch'esse poco trasparenti - del governo. Quando si fanno tre decreti del presidente del Consiglio in die-ci giorni, significa che sono venuti me-no i requisiti minimi di compattezza e ognuno tira l'acqua al suo mulino: pensa, come Pilato, a «dare soddisfazione alla folla». Ma i difetti del governo non giustificano quelli delle istituzioni periferiche (alcune Regioni, tra cui la nostra, hanno assunto decisioni incoerenti e, per molti versi, incomprensibili) e quelli della popolazione in genere, nel suo complesso e nella responsabilità di ogni persona. Senza una effettiva solidarietà sarà difficile gestire al meglio una crisi che è tutt'altro che finita.

La situazione mette in ginocchio gli esercizi pubblici (bar e ristoranti devono chiudere alle 18, in una specie di coprifuoco all'italiana), le scuole locali sono monitorate di continuo (e ora chiuse per 4 giorni per un contagio riscontrato tra il personale della mensa), quelle superiori frequentate dagli studenti pattadesi tornano alla didattica a distanza anche perché i trasporti non garantiscono il rispetto delle distanze. È davvero ora che ciascuno faccia la sua parte. (s.m.)