don Antonio Casella: un santo della porta accanto

Centodieci anni fa, il 5 luglio 1912, nasceva a Pattada - nel rione di Riu Tortu - Antonio Casella. Il padre, Anto-nio Casella Ara (tiu Secche), vedovo e già padre di due figli, aveva sposato in seconde nozze, nel novembre del 1903, Antonia Murgia Becciu. La coppia aveva avuto già due figli, Giovanna (1904) e Giovanni Maria (1908), entrambi morti in tenera età. Battezzato nella chiesa di Santa Sabina il 21 luglio 1912, Antonio vive la sua infanzia a Pattada, dove frequenta le scuole elementari; è bravissimo nello studio e manifesta precocemente la sua vocazione.
Entra nel seminario diocesano di Ozieri, ma sogna di diventare missionario in terra straniera. Nel 1926 era stato fondato il PIME (Pontificio Istituto per le Missioni Estere), unendo l'istituto delle Missioni Estere di Milano (sorto nel 1850) e il Pontificio Seminario Romano dei Santi Apostoli Pietro e Paolo (sorto nel 1867). A Sassari è arcivescovo monsignor Arcangelo Mazzotti, francescano dei frati minori, che prima di essere ordinato vescovo era stato direttore spirituale di padre Agostino Gemelli, fondatore - nel 1921 - dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, di cui mons. Mazzotti fu assistente ecclesiastico. In quel periodo il seminario di Sassari è molto attivo nella promozione delle missioni. Due seminaristi, in particolare, promuovono una giornata dedicata alle missioni, chiedendo al papa Pio XI l'istituzione di una Giornata missionaria mondiale, richiesta accolta con l'indicazione della penultima domenica di ottobre come data; i due seminaristi erano Luigi Chessa di Bessude (1899-1990) e Antonio Ghisaura di Ozieri (1903-1987), partiti missionari rispettivamente in Cina e in India.
Antonio Casella respira quest'atmosfera, ed entra nel PIME: inizialmente frequenta le scuole nel Seminario Sacro Cuore del PIME a Trentola Ducenta, in Campania, poi prosegue gli studi a Monza e Milano, La sua preparazione avviene quindi in un ambiente aperto, cosmopolita, pur in un periodo storico difficile come quello degli anni 1930-40. Di questo periodo conserva un ricordo e un'impronta indelebile, e chiunque abbia avuto modo di parlare con lui, durante tutta la sua vita sacerdotale, lo avrà sentito certamente citare a più riprese il cardinale Ildefonso Schuster, allora Arcivescovo di Milano. Da lui riceve gli ordini minori dell'Ostariato e Lettorato (1938) e quelli dell'E-sorcistato e dell'Accolitato (1939).
Ma, per motivi di salute, i superiori decidono il suo rientro in Sardegna, dove prosegue il percorso verso il sacerdozio ricevendo dal vescovo di Ozieri monsignor Francesco Cogoni, tra il giugno e il luglio del 1941, il suddiaconato, il diaconato e, finalmente, il presbiterato.
Il 30 luglio 1941 celebra a Pattada la sua prima Messa. Ha 29 anni. Circa due mesi prima, il 3 giugno 1941, era morta dopo lunghe sofferenze, la madre (nota come tia 'e Sini). Per questo motivo, e per la naturale ritrosia per le feste, non voleva la sagra di festeggiamento, che però gli viene organizzata dalla zia Caterina, sorella della mamma. Nel biglietto-ricordo della prima Messa don Casella scrive la dedica: «Per il Divino Sacrificio che oggi a Te offro, accogli, o Signore, la mia mamma nel tuo Regno, benedici il babbo, i parenti, gli amici e i benefattori; dona agli infedeli la luce del Tuo Vangelo e a me concedi di essere un fedele ministro». Il padre morirà serenamente nel 1951, mentre si scalda vicino al camino.
Tutta la sua missione sacerdotale si svolge nella diocesi di Ozieri: vice parroco a Pattada dal 1941 al 1943, vice parroco ad Alà dei Sardi nel 1943-1944, parroco di Bantine dal 1944 al 1949, vice parroco fittizio di Bono dal 1949, dal 1976 è Beneficiato della Cattedrale e svolge l'ultimo periodo del suo sacerdozio come cappellano della chiesa del Rosario, dove crea con i fedeli - ma anche con i frequentatori della chiesa e con chi lo avvicina - un clima semplice, accogliente, famigliare, promuovendo l'ordine e l'aspetto dignitoso della chiesa e restando sempre disponibile e attento nella guida spirituale, soprattutto dei giovani che lo circondano e ai quali non lesina consigli di rettitudine.
Tutti coloro che lo hanno conosciuto testimoniano la sua tendenza al riserbo e all'essenzialità, alla gentilezza e al rispetto del prossimo. Non gradisce le parole esagerate o urlate. Nella sua sobrietà non ama feste e banchetti; preferisce la costante vicinanza ai sofferenti e ai bisognosi, ai quali dona con discrezione, più felice nel dare che nel ricevere. Crede nello studio costante e quotidiano, e possiede una ricca biblioteca. Alla nipotina Salvatorica Fenu che gli chiede «Ma tu li leggi tutti questi libri?», risponde: «Certo. Credi che li abbia acquistati per tenerli esposti?». Profondo conoscitore della Sacra Scrittura, ammira e studia, soprattutto, sant'Agostino e san Tommaso d'Aquino. Tra i santi predilige san Francesco, e tra i grandi della letteratura soprattutto Dante e Manzoni. Le fonti di informazione quotidiana sono l'Osservatore Romano e il periodico ufficiale della Università Cattolica, Vita e Pensiero.
Con sé stesso è morigerato nel mangiare ed essenziale nel vestire. Famosa la sua reazione sorpresa quando, in occasione del venticinquesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, gli viene regalato un nuovo abito talare per sostituire il vecchio, strausato. Il suo unico passatempo, quando è possibile, è la passeggiata al boschetto di Pattada, ma ama la musica e il canto.
La giornata della sua morte è viva nel ricordo di chi lo ha aiutato e assistito. È la vigilia del Natale 1980, si trova nel suo domicilio e avverte difficoltà respiratorie. Il suo medico, dottor Giovannino Cuguttu, accertata la gravità, lo induce, dopo una iniziale resistenza, ad accettare il ricovero in ospedale. Lo accompagnano il parroco don Ledda e alcuni giovani (tra i quali Felice Nuvoli, che diventerà anche lui sacerdote). La situazione appare immediatamente seria: don Casella chiede di ricevere i sacramenti, ed è un altro pattadese, don Paolo Sini, cappellano dell'ospedale di Ozieri e parroco di Santa Lucia, ad amministrargli i sacramenti della Confessione e della Comunione. Ringrazia ripetutamente con le parole e con il sorriso chi gli sta vicino e lo ha aiutato, poi si abbandona nelle mani di Dio concludendo il suo viaggio terreno. Viene sepolto nella cappella della famiglia Chessa.
Nel 2020, l'attuale parroco don Gianfranco Pala, interpretando il pensiero popolare della comunità di Pattada, dispone l'ispezione dei resti mortali di don Casella: il corpo appare perfettamente intatto, e viene traslato nella sua amata chiesa della Madonna del Rosario, sotto l'altare della Madonna del Buon Cammino. Sulla lapide è riportata la scritta «Sacerdote Antonio Casella 1912-1980. Con gratitudine, per il bene seminato in questa comunità».
Viene così suggellata, con un potente messaggio simbolico, la percezione, viva nella comunità pattadese, della sua santità, come dimostra anche il fatto che gli sia stata dedicata una via pubblica e un Coro polifonico abbia il suo nome.
Ringraziamo Giovanni Antonio Campus per il prezioso impegno di ricerca e per la raccolta delle testimonianze di Anna Maria Campus, don Salvatore Delogu, Caterina Dettori, Salvatorica Fenu, don Francesco Ledda, don Felice Nuvoli, don Gianfranco Pala, Vincenzo Palitta, Leonardo Pizzadili, Rosanna Solinas.


