Focus: intervento di Nora Corveddu

Nella nuova raccolta di poesie di Vincenzo Mura, "Utopie", una in particolare, "Volevamo cantare", ha colpito la mia attenzione e destato la mia immaginazione, riportandomi alla mente racconti sempre sentiti in famiglia e ricordi di persone care.
Leggendola e rileggendola mi sono prefigurata un certo contesto storico e sociale del nostro paese:
Pattada, il dopoguerra, fine Anni '40 - Anni '50. Il Vincenzo ragazzo e poi il Vincenzo giovanotto, e insieme a lui ci ho visto altri giovani che, come lui, lottarono e combatterono per conquistare un futuro migliore, guidati e animati dai loro sogni, ideali, aspirazioni, speranze, illusioni, utopie forse. E ci ho visto anche degli ex giovanotti, dall'aria un po' sofferta perché reduci dalla Seconda guerra mondiale, provati nel fisico e nello spirito per gli orrori vissuti in quella "devastante guerra", taluni persino nei campi di concentramento come prigionieri politici. Gli uni e gli altri avevano una gran voglia di riscatto, di riprendersi senza limiti quel "tempo perduto" e rubato citato in un verso della poesia, assetati di "libertà" e "democrazia", forti di "idee nuove" e di voglia di credere ancora in un nuovo e possibile "futuro", cercato e bramato, per il quale si batterono strenuamente e in modi diversi.
Allo stesso tempo ardevano dalla voglia di tornare a divertirsi, a ridere, ad amare e "innamorare", componenti come balsamo essenziale per quegli animi appassionati che anelavano a un avvenire radioso. Me li immagino quei giovani, nelle diverse sale da ballo che proliferarono in paese nel dopoguerra, oppure nel parco di "Sololche", tutti insieme e di varie età, riuniti nelle prime frequentate feste dell'Unità, a scherzare, ridere, suonare e cantare "a squarciagola", a intrecciare storie d'amore durature.
A quei giovani e "agli amici che furono" mi piace rivolgere un pensiero dedicando loro i versi dell'amico Vincenzo: a Bustianu e Toiedda, a Eugenio e Francesca, a Andria e Maria, a Vincenzo Manca, a Antoni e Miriedda … e ancora a tutti quelli che insieme a loro hanno vissuto e combattuto per quei sogni e quegli ideali, persone che non sono più con noi ma vivono in noi.
E a te Vincenzo, con immensa gratitudine anche da parte loro e con riconoscenza per il bel quadro dipinto tra i versi della tua appassionata poesia.
A sos chent'annos chin salude…
Eleonora Corveddu