Che cos'è la politica? di Hannah Arendt

Nel 1955 venne proposto ad Hannah Arendt di scrivere un'Introduzione alla politica. Non doveva essere un trattato accademico ma «un'esposizione estremamente semplice», non «una discussione dei concetti-chiave delle scienze politiche, ma un'introduzione a quello che è realmente la politica e ai presupposti fondamentali dell'esistenza umana con i quali il politico ha a che fare».
La Arendt non portò a termine l'opera: nel volume sono inseriti, però, alcuni materiali relativi al progetto, che la curatrice del piccolo volume, Ursula Ludz, ha riordinato corredandoli di un commento che restituisce il contesto intellettuale entro il quale vennero concepiti.
I brani pubblicati danno indicazioni sulla filosofia politica, sulla visione del mondo, sulla autonomia e originalità di Hannah Arendt, il cui pensiero politico non può essere inquadrato entro schemi tradizionali. Essa è insieme idealista e realista; nella sua riflessione rievoca la politica come occasione e spazio di libertà, come vita appagata e libera insieme agli altri dei quali si riconosce la diversità: «La politica si fon-da sul dato di fatto della pluralità degli uomini».
I titoli degli appunti sono significativi: Che cos'è la politica; Oggi la politica consiste in effetti nel pregiudizio verso la politica; Pregiudizio e giudizio; La politica ha ancora un senso?; Il senso della politica; La questione della guerra.
I sistemi totalitari, la cui nascita è stata analizzata da Hannah Arendt nel suo grande libro sul totalitarismo, sono la forma estrema dello snaturamento del politico, in quanto eliminano la libertà umana e producono il dominio delle ideologie, contro le quali ogni resistenza libera e individuale diventa impossibile. In contrasto con il concetto aristotelico dell'uomo come animale politico (secondo cui il politico sarebbe connaturato all'uomo), Arendt sottolinea che «la politica non nasce nell'uomo, ma tra gli uomini». I quali possono agire e ricominciare sempre da capo, senza arrendersi al destino; e possono agire liberamente.
Agire liberamente significa agire in pubblico, e il pubblico è l'effettivo spazio del politico. È lì che l'uomo deve mostrarsi nella sua libertà e spontaneità, e affermarsi nella sua relazione politica con gli altri. L'adattamento opportunistico, la fuga nel privato, il ritrarsi dalla responsabilità politica, il consapevole isolarsi dagli altri - siano essi partiti interessi contrastanti o concittadini stranieri bollati come estranei - sono comportamenti diffusi che arrecano pregiudizio a una politica vera e degna dell'uomo. Hannah Arendt vi contrappone il suo concetto alto, eppure non utopico, della politica.
Si tratta di un concetto che non ha affatto perduto la sua necessità e il suo potere illuminante, neppure per il nostro presente. E vale la pena di riflettere sulle lucide argomentazioni che richiamano la consapevolezza che «le cose non possono essere, né rimanere tali».