Idi di marzo

Siamo consapevoli di parlare a una esigua platea di lettori che vivono in un piccolo paese della Sardegna, ma una guerra che segna la fine della pace europea, straordinariamente lunga, non può lasciare indifferenti. Le immagini che rimbalzano nelle TV e nei media provocano forti emozioni, ben più coinvolgenti di quelle relative a conflitti più lontani geograficamente e, soprattutto, cuturalmente. Perciò abbiamo deciso di dedicare il focus di questo numero all'argomento.
Come sempre, si sono formati schieramenti contrapposti e animosi, caratterizzati da accuse reciproche di inclinazioni guerrafondaie o di connivenza con l'aggressore e indifferenza.
Stranamente, gli interventi più razionali e pacati si rivelano quelli dei generali, in servizio o in pensione, che valutano gli eventi con realismo e soprattutto si chiedono come uscire da una situazione che rischia di farsi pericolosa.
Già! Come uscirne? Lasciando da parte le velleità belliche di qualcuno (i politici italiani con l'elmetto in testa sono quanto di più improbabile si possa immaginare), che pensa di far risolvere il problema alle armi, occorrerà attendere che le pesanti sanzioni decise dai paesi occidentali facciano sentire appieno i loro effetti, che non riguarderanno solo i russi, come già stiamo toccando con mano.
Più di duemila anni fa, proprio in questo mese (idi di marzo), fu assassinato, da congiurati anche a lui vicini, Giulio Cesare, per impedirgli di conquistare un potere assoluto. Il termine zar, o - più precisamente - czar che designava gli antichi imperatori della Russia e che viene spesso attribuito al presidente Putin, deriva appunto da Caesar, e la soluzione di eliminarlo, se non fisicamente almeno politicamente, a opera di qualcuno dei suoi oligarchi o da qualche generale (anche lì forse sono più razionali e meno emotivi), viene auspicata da commentatori tutt'altro che sprovveduti.
Ma servirà in ogni caso un diverso atteggiamento da parte dei governanti europei, se saranno finalmente capaci di pensare a un'Europa forte, unita e autonoma, sganciando il guinzaglio che la tiene legata alle politiche degli USA, spesso impregnate di una mentalità imperialista da mettere finalmente in soffitta.