Il mondo giovanile pattadese: un'indagine online

A un questionario hanno risposto 113 giovani sui circa 700 potenzialmente interessati. Emerge un quadro articolato e per certi versi inatteso.
Con il questionario somministrato ai giovani pattadesi abbiamo voluto indagare le opinioni su attività sportive e ricreative, ma soprattutto sulla percezione della vita nel nostro paese.
La società
Il 77% del campione ha praticato degli sport, ma le strutture vengono giudicate come insufficienti dal 44.2%, sufficienti dal 43.4% e buone dal 12.4%.
Non va meglio sui fronti lettura e biblioteca. I partecipanti al questionario non sono divoratori di libri, ma il dato interessante è quello che riguarda la fascia di età tra i 15-19 anni, tra questi il 50% non legge neanche un libro all'anno e il 40% ne legge 1-5. Questo risulta in controtendenza rispetto ai dati nazionali, in cui sono proprio gli adolescenti ad essere dei grandi lettori.
Quindi anche il servizio della biblioteca comunale non vede tantissimi frequentatori assidui, l'80% dei partecipanti non si arrampica spesso sui suoi gradini.
Per la visione generale, la qualità della vita a Pattada viene definita buona (42%) e sufficiente (44%), ma sono i giovanissimi (15-19 anni) i più positivi, che in maggioranza la giudicano buona; nella fascia tra i 28-35 anni si avverte un malcontento più forte e viene definita insufficiente dal 33.3%. Lo stesso andamento è riflesso nella qualità del panorama socio-culturale (fondamentale nella comunità di un paese), arrivando ad essere considerata insufficiente dal 70% dei giovani tra i 28-35 anni. Ma anche la partecipazione dei giovani nelle attività associative (come società sportive, associazioni culturali, etc.) non è travolgente, infatti è il 31.6% che vi partecipa.
Inoltre, è stato chiesto quali fossero pregi e difetti di Pattada. Dalle risposte si è visto che un ampio numero di giovani considera il paesaggio naturalistico che circonda il paese (ma ne fa anche parte, ad esempio il boschetto) come un tesoro della comunità, insieme alla tranquillità della vita. Allo stesso tempo, tra i difetti emerge un senso comune di scarsa valorizzazione e incuria di questo tesoro.
Ma il difetto più interessante (e preoccupante), che deve far riflettere, è che i giovani di Pattada non si sentono parte di una comunità. Sono in molti a lamentare, testualmente, «la mancanza di coesione sociale», «la poca collaborazione tra noi abitanti», «scarso coinvolgimento nelle (poche) attività organizzate», nonché l'assenza di luoghi che uniscano i giovani e le loro idee. È forse da questi luoghi, in cui ci si può "contaminare" l'un l'altro, che si può invertire la rotta e rianimare lo spirito di comunità? Bè, spesso è bastata solo la piazza. Anche se la società è cambiata rispetto ai tempi in cui la piazza rappresentava il punto di aggregazione di tutto il paese, la piazza è sempre lì pronta a ospitare tutti.
A questo punto vengono in mente due con-siderazioni. La prima riguarda lo spirito di comunità. Come ci insegna l'antica favola africana del colibrì, lo spirito di comunità è dentro di noi. Solo quando se ne prende co-scienza (e spesso sono i giovani a farlo per primi), ognuno di noi inizia ad agire, ed è con le azioni di tutti che si fa la differenza per l'intera comunità.
La seconda riguarda la valorizzazione del paese. A tal proposito viene in mente un'artista, Irina Belaeva, che ha pensato di risolvere il problema delle buche su strade e marciapiedi della sua città (Messina) creando dei piccoli mosaici per ripararle; oppure l'artigiano-artista Salvatore Iodice che ha pensato di creare con del materiale riciclato dei cartelli stradali (e non solo) per i turisti che si perdevano nelle stradine dei Quartieri spagnoli. Sono i piccoli gesti che fanno la differenza e fanno crescere tutta la comunità. Voglio una vita tranquilla, ma... la tranquillità non è (e non dovrebbe essere) inerzia.
La politica
Nel nostro questionario abbiamo provato a chiedere anche un'opinione sulla politica.
Alcune risposte hanno confermato quanto già sapevamo: per esempio, che i giovani non militano in partiti e associazioni politiche (l'85% dei nostri interlocutori dice che non lo ha fatto finora, più del 70% dice che non lo farà neanche in futuro); oppure che la maggior parte dei ragazzi abbia votato alle scorse elezioni amministrative, un dato che potevamo immaginare vista l'alta affluenza e la consistente presenza di giovani candidati (presenza giudicata positivamente dalla qua-si totalità di chi ha partecipato al questiona-rio).
Altre risposte ci hanno sorpreso. Quasi la metà di chi ha risposto ha dichiarato di aver espresso la propria preferenza per affinità politico-ideologiche con i candidati. Una risposta che lascia un po' scettici, dato che, come sottolineato nel primo numero di questo giornale, abbiamo assistito alla scomparsa della politica dalla competizione elettorale. Ma crediamo e speriamo che questo possa essere un segnale per il futuro: che la fuga dalle ideologie e dalla lotta politica, la comoda scorciatoia di liste civiche che comprendono tutto e il contrario di tutto, possa finire.
Ci ha stupito che quasi l'80% del campione dichiari di parlare di politica, spesso e prevalentemente con gli amici e, ancora di più, che il 60% dichiari di credere nella politica. Ma credere nella politica non significa re-putarla attrattiva, ed infatti il 70% di chi ci ha risposto ritiene che non lo sia affatto. Le motivazioni di questo giudizio sono varie, ma prevalentemente riguardano la chiusura in gruppi esclusivi ed elitari di chi fa politica, il «dissociamento dal tessuto sociale», il fatto che la politica, a tutti i livelli, da quello locale a quelli regionale e nazionale, dia spesso l'impressione di una «disputa adolescenziale» in cui mancano i contenuti, le idee e gli obiettivi.
Si possono fare due considerazioni. La prima è che evidentemente il mondo giovanile è diverso da come lo immaginiamo. I giovani partecipano, o vorrebbero partecipare, e si interessano, al contrario del luogo comune che li vede apatici e disinteressati.
Nell'ultimo decennio abbiamo avuto dimostrazioni ben più autorevoli del nostro questionario. C'è il caso del giovanissimo movimento dei Fridays for future, che ha saputo portare prepotentemente al centro del dibattito pubblico il tema dell'emergenza climatica. Ci sono i clamorosi risultati di due anziani ultrasettantenni, Bernie Sanders e Jeremy Corbyn, che, attirando e coinvolgendo i giovani in progetti di cambiamento radicale, e sfruttandone l'entusiasmo, hanno rispettivamente sfiorato la nomination democratica USA nel 2016 ed ottenuto la leadership del partito laburista inglese. Questi risultati, clamorosi perché inaspettati, sebbene non siano sfociati in vittorie elettorali, hanno mostrato che quando la politica riesce a dare l'impressione di volere un cambiamento radicale, e lo fa in maniera autorevole e credibile, allora riesce anche ad attrarre i giovani. Infine, in Italia nel 2019 abbiamo visto esplodere il movimento delle sardine che, al di là del giudizio sul movimento in sé, ha certamente manifestato la diffusa voglia di partecipazione (e ha, come unanimemente viene riconosciuto, contribuito a fermare quella che sembrava l'inarrestabile avanzata leghista, almeno nelle elezioni regionali in Emilia-Romagna).
La seconda considerazione è che il fatto che ancora così tanti giovani credano nella politica è quasi un miracolo. Perché il mondo è cambiato enormemente. La politica ha ceduto il primato all'economia e ai mercati. Qualsiasi alternativa sociale al sistema attuale è stata bandita dai dibattiti, dominati dalla dittatura dell'esistente. I partiti si sono piegati al presente, hanno smesso di portare «concezioni del mondo», di immaginare un futuro da costruire e di essere il principale strumento di partecipazione democratica.
Quindi, se è vero che i giovani non si occupano abbastanza di politica (e certa-mente lo fanno meno rispetto ai giovani degli anni 60/70), in parte è per colpevole pigrizia. Ma hanno almeno un'attenuante: il mondo in cui vivono impedisce loro di pensare un futuro diverso, fatto di valori e di ideali (oggi relegati all'ambito dei comportamenti individuali). E, a differenza di chi li ha preceduti, hanno visto solo questo, un mondo senza alternative, o dove le alternative sono state abilmente censurate.










