Il Pd...allettato!

Si può essere allettati da un desiderio, da un sogno forse, da qualcosa, insomma, che susciti una insopprimibile emozione. Oppure si può essere allettati a causa di una malattia che impedisce di stare in piedi, di compiere le azioni quotidiane della propria vita personale e sociale.
Il Pd, che potrebbe considerarsi allettato in entrambi i significati del termine, ne ha scelto un terzo: quello di affidarsi a Enrico Letta - sì, quello della campanella che, immusonito, scambiò col Renzi rampante - per uscire dal caos nel quale lo hanno precipitato le improvvise e duramente motivate dimissioni del segretario Zingaretti.
Ancora una volta sceglie la via più comoda, quella di affidarsi a un nome invece di far chiarezza sulla linea politica e su una solida proposta programmatica per il futuro del Paese.
Eleggere Letta alla segreteria, con il solito unanimismo di facciata, difficilmente produrrà l'effetto necessario, anche se la scelta potrebbe essere letta (ancora?) come un ritorno allo spirito dell'Ulivo, che precedette la nascita del Partito Democratico: ma non è affatto sicuro che a quello spirito si richiami buona parte del personale politico che milita nelle correnti - variamente armate - che da tempo fanno di quella formazione un insieme di tribù piuttosto che una comunità alla quale portare il contributo di idee e di riferimenti sociali da rappresentare e organizzare in una prospettiva politica.