Incontro con l'Ardia

La sera di sabato 23 novembre, a notte ormai fatta, alle ore 19 un calo di temperatura prospetta l'imminenza di certi rigori invernali pattadesi. Una settimana via l'altra l'autunno si affretta in direzione del solstizio di inverno. In questo clima, il locale del cinema Santa Croce accoglie una non banale partecipazione di pubblico affluito per la presentazione del libro L'Ardia e la Festa – il rito di San Costantino, nei testi, nei racconti e nelle immagini. L'autore, Gianni Meloni, di Sedilo. ha voluto consegnare alle stampe una vera e propria summa monografica riguardante l'Ardia e la devozione tributata anche attraverso questa celebre manifestazione cavalleresca al culto di San Costantino. Così, la proposta di un tale evento sembra abbia sciolto per quasi un centinaio di persone quel senso di esanime serata senza finalità che talvolta può caratterizzare certe sere di sabato, e questa significativa partecipazione testimonia che val la pena contrastare la prevedibilità altrimenti di un finire di settimana.
L'evento prevede ovviamente la presenza dell'autore. Ospite della serata è anche Gianfranco Carta una riconosciuta, notissima prima pandela dell'Ardia sedilese, protagonista di tutto rilievo negli ultimi decenni del secolo scorso, cavaliere rinomato, tra i più bravi e arditi di tutta la Sardegna, protagonista eccellente oltre che della sua Ardia, anche di svariate pariglie. Insieme agli ospiti, la presenza di don Gianfranco Pala, parroco di Pattada, che dialogherà con l'autore e darà un utile contributo alla comprensione degli aspetti religiosi presenti nell'inscindibile rapporto tra Ardia e San Costantino. In funzione di moderatore, Francesco Lavena.
Saluto e doveroso ringraziamento ai presenti e agli ospiti vengono espressi da parte del presidente dell'Associazione culturale rinascere, Pinuccio Deroma.
La serata si apre con la proiezione di un cortometraggio della festa risalente al 1954 realizzato dal regista e documentarista sardo Fiorenzo Serra. Primo documento audiovisivo, questo, della storia dell'Ardia. La proiezione offre in maniera suggestiva quell'intenso sentire popolare che il documentario di allora catturò e che sfidando i decenni il video autenticamente oggi restituisce. La presa visione del documentario, nella sua intensità fortemente rievocativa è la migliore introduzione all'evento della serata. La lettura di un breve passaggio della presentazione del libro da parte di Eleonora Corveddu e Ivo Pinna è illuminante per quanto riguarda la genesi, lo sviluppo, gli orizzonti e gli intenti della pubblicazione.
Appena a seguire è introdotta e avviata dal moderatore l'esposizione delle linee tematiche che caratterizzano la pubblicazione, a partire dal mito di San Costantino, santo non formalmente riconosciuto dalla Chiesa Cattolica. Così, Flavio Valerio Aurelio Costantino, ossia Costantino I°, il Grande, è protagonista indiscusso della pubblicazione di Gianni Meloni. Il suo culto è indissolubilmente legato all'Ardia, manifestazione equestre che una volta l'anno, il 6 e il 7 luglio vuole onorarlo, le cui origini si perdono nel tempo e non sono – a oggi – pienamente accertate. L'autore ha inteso focalizzare la sua attenzione sulla complessità storica di questo fenomeno grondante di fede, spiritualità, devozione, ma anche di misteri irrisolti, e, congiuntamente alla venerazione di Costantino, l'intrecciarsi di valori di ardimento cavalleresco che per certi aspetti apparrebbero perfino spuri rispetto alla stretta dimensione sacrale tributata al Santo dalla tradizione popolare.
La presentazione di questi aspetti dell'opera è intervallata dalla lettura di alcuni brani da parte dei lettori Eleonora Corveddu e Ivo Pinna. Le suggestioni trasmesse da tali letture documentano vividamente il fenomeno imponente degli ex voto e delle manifestazioni devozionali tratte sia dalla lettura di una relazione di Padre Manzella inoltrata al vescovo di Bosa Angelico Zanetti, sia anche dalle pagine del sedilese Raffaele Puxeddu Manai. Di drammatica intensità l'imponente raduno dei mendicanti che ha contornato sempre i giorni della festa di San Costantino. Alcuni stralci del resoconto di viaggio di un viaggiatore inglese, John Crawfort Flicht, rappresentano con una forza espressiva notevole questo fenomeno protrattosi fino alla soglia degli anni '70.
Per don Gianfranco Pala questa dimensione genuina, così vibrante e diretta della fede, pure senza mediazioni, è una traccia umana di riconoscimento del sacro, quella espressione di religiosità popolare alla quale mostrò attenzione la stessa enciclica Evangelii Nuntiandi di Paolo VI.
Seguono due filmati, uno del 1961, e un altro più recente, del 1993, che già ha il sapore della modernità. In maniera ugualmente icastica essi offrono un affresco molto espressivo di questo fenomeno di tradizione e di devozione giunto fino ai nostri giorni.
Gianfranco Carta, il valente e popolare cavaliere dell'Ardia fa una testimonianza personale e diretta di quanto la partecipazione all'Ardia sia stata e sia una profonda e diffusa aspirazione dei giovani sedilesi. La sua prima partecipazione all'Ardia avvenne a 14 anni. Con parole che hanno tutta la forza dell'esperienza giovanile da lui incarnata, testimonia quanto la valorosa partecipazione all'Ardia rappresenti per il giovane sedilese una indiscutibile menzione d'onore all'interno della sua comunità.
Due letture compendiate dal testo, sempre favorite dagli efficaci lettori della serata offrono il senso e la dimensione dell'attesa e della sfida che si fanno davvero palpabili negli istanti che precedono l'impetuosa partenza dell'Ardia
Un intervento dell'autore rievoca il processo che vide con molta probabilità l'innesto del culto di Costantino attraverso l'arrivo in Sardegna dei monaci greci giunti al seguito dei militari bizantini che nel 534 dopo Cristo riconquistarono l'isola.
Don Gianfranco Pala osserva come la presenza di importanti vestigia in Sardegna, quali la chiesa di Santa Sabina di Silanus, indichino come siano durature e significative le tracce lasciate dal culto bizantino.
Gianni Meloni si sofferma inoltre sull'enormità del caso suscitato in quel contesto storico e culturale dalla tesi di Vittorio Angius, sacerdote scolopio di Cagliari, importante studioso e intellettuale dell'Ottocento. Egli fu coautore insieme al piemontese Casalis di una delle opere più monumentali di quel secolo. Affermò che il Costantino venerato a Sedilo fosse in realtà il regolo Turritano Costantino I°, che solo nel travisamento dei secoli si è poi trasformato nell'impe-ratore romano Costantino. Tale tesi non ha avuto in realtà nessun seguito credibile da parte degli studiosi.
Altre figure tratteggiate nel libro sono efficacemente richiamate dall'autore, quali Raffaele Puxeddu Manai, che fornì forse le più preziose tracce documentali per la ricostruzione storica di questo culto. Meloni inoltre descrive quello sfondo di comunità rurale ottocentesca efficacemente tratteggiato nel libro, che esprime un notabilato familiare di origine spagnola, dominante la vita della comunità sedilese per oltre due secoli. Insieme al clero di quegli anni questa importante famiglia ha la forza di custodire e perpetuare il culto, consenten-dogli di travalicare il secolo XVIII per giungere fino al '900. La dinastia degli Zonchello fu infatti di fondamentale importanza storico-sociale e segnò profondamente una lunghissima stagione della comunità. Il medico scienziato Cesare Zonchello, cui è intestato un ospedale a Nuoro ne fu uno dei tanti suoi illustri rappresentanti.
Con queste godibili rievocazioni dell'autore si è conclusa una serata appagante a cui ha fatto seguito un rinfresco per tutti i presenti, nei locali sottostanti il cinema.
Francesco Lavena
Durante la serata, il poeta in limba Francesco Cambiganu ha proposto la poesia Riu Toltu, che si riporta
Riu Toltu - sa garrera de sa pitzinnia
Su millenoighentosessatanoe
In riu toltu apo fatu dimora
A sessantannos m'ammento ancora
Comente lu seret in die 'e oe
dae trinta andadu minde soe
E de Patada alu che so fora
Ma pro trintannos bi apo bividu
Ses annos pustis chi soe naschidu.
Cando bi passo mi benit a mente
Totu sa bida de sa pizzinnia
De cando chin Batista giogaia
De Giuannanghelu Nino e Pitzente
Berenaldu fit su pius balente
Dae sos mannos mi difendia
Ca lu fit folzudu che unu tronu
Ma fit sinzeru e de coro bonu
Su sero faghiamus s'abojada
Unu fiotu mannu 'e piseddina
Cando chimbanta cando una chentina
Pariat sa 'e Tito cudd'armada
No faghiamus gherra chin s'ispada
Currende s'intendiat sa muina
Falende dae badde in pinna
Chin caddos de ferula e de linna
Onzi tantu calecunu pius mannu
Beniat a jogare a pallone
Frade meu chin Anghelu Calvone
Cunvintos de nos ponner in afannu
Fimus pius minores de calc'annu
Ma b'aiamus unu campione
Eo a sas ancas faghia messera
Giammario giogaiat che Rivera
M'ammento de cussos tempos passados
De ijerru sas bellas temporadas
Sos candelotes comente ispadas
Suta sas teulas ben'ischierados
Fatzadas e balcones imbiancados
Parian sas favellas incantadas
Cussu nie suladu dae sa frina
Nde faghiat sa bella cobeltina
Alu intendo passos e toccheddos
Atraessende in sos impedrados
De calarinas e caddos ferrados
Carros, chin sos boes, e poleddos
Bajos, castanzos, murros, e nieddos
Colaian dechidos oldinados.
Garrigos de beltulas chin recatu
De onzi bene chi deus ada fatu
Sas campanas de Santa Sabina
M'ammento sonende de continu
Cussu sonu atonadu repentinu
In orijas alu faghet sa muina
Cando m'ischido a s'ora matutina
Innnantis de andare a s'afainu
Totu sos sonos isto ascultende
Ca mi paren sas campanas sonende [...]
Su cantu piedosu 'e s'istria
Intendia in sas notes mezzanas.
Atapende su zoccu è sas ventanas
S'intragna de s'iferru mi paria.
Tronos e lampos de onzi zinia
Si formaian in sas nues canas
Sas lampizadas comente lumeras
Pienaian de lugore sas garreras
In Sant'Andria a tempus de friscura
In sa garrera bochende su mannale
Mammento a ti'Antoni Capiale
Brujende s'usciadina a sa calura
De su nuscu saboridu sa dulzura
In tuveddas alu l'intendo cabale
Ca fin licanzos antigos sabores
Aunzados de sos sanos primores
S'andali torra è zente de continu
Su sero bi fit in totta chida
In sa domo de tia malgaída
Pro leare su latte genuinu
Chin su litru e chin su qualtinu
Umpiat dae sa padedda lughída
Pienende fiascos e bidoneddos
A criaduras mannos e piseddos
Santa Sabina faghiat sentinella
A sos fizos suos in riu toltu
Dimora de nadias e de moltu
Chin tantos santos in sa capella
S'amparadora Santa pius bella
Chi d'onzi nodu malu at isoltu
Ca issa est sa mama venerada
De s'antiga garrera è Patada
(Francesco Cambiganu)