Intanto si taglia!

14.10.2020

È noto a tutti che la scuola, insieme a sanità e magistratura, è l'apparato statale più complesso e più decisivo per lo sviluppo della nazione. In quest'ottica si può facilmente comprendere che l'entità, e l'andamento nel tempo, dei trasferimenti dello stato alla scuola costituisca una rappresentazione particolarmente attendibile del livello di civiltà di una nazione. Se osserviamo l'andamento dei trasferimenti statali all'istruzione pubblica negli ultimi venti anni - ma potremmo anche considerare un intervallo decisamente più ampio - osserviamo un evidente, continuo e imponente decremento dell'entità di queste risorse. Questo non solo mette in evidenza lo scarso interesse dello Stato nei confronti della scuola, ma marca il progredire della nazione verso la barbarie e non già nella direzione della civiltà.

Il susseguirsi di ministri inadeguati a governare una struttura di questa complessità ha prostrato l'istruzione pubblica umiliandone gli operatori e mortificando qualsiasi aspettativa di carriera che si volesse perseguire, talvolta, dopo decenni di precariato.

Un altro aspetto raccapricciante è rappresentato dall'interesse che il Ministero dell'Istruzione manifesta nei confronti della scuola paritaria. Le scuole paritarie in Italia, secondo gli ultimi dati del Miur, accolgono circa 866 mila studenti e quasi la totalità di essi scelgono strutture gestite da enti religiosi, mentre quelle pubbliche ne accolgono 7,6 milioni. Il contributo pubblico annuale per le scuole paritarie ammonta a 548,6 milioni di euro, finanziamento che negli anni è aumentato sempre di più, senza contare gli ingenti fondi da parte delle Regioni. Questo naturalmente avviene a discapito dell'istruzione pubblica; per effetto del decreto Cura Italia le paritarie si sono viste recapitare 5,7 milioni di euro per le pulizie straordinarie e per dotarsi di piattaforme e strumenti digitali da usare nelle lezioni online; ne avevano bisogno? I dati Istat dichiarano che a livello nazionale le famiglie che i-scrivono i propri figli a scuole paritarie vivono principalmente nelle province lombarde e sono mediamente piuttosto ricche, con un reddito medio di 25.300 euro ed entrambi i genitori che possiedono un lavoro, contro la media nazionale di 15 mila euro annui dei nuclei familiari dei ragazzi iscritti alle scuole statali. Naturalmente solo in un paese dove notai e gioiellieri dichiarano redditi inferiori a quelli degli operai industriali, è possibile che famiglie che guadagnano 25 mila euro all'anno paghino rette scolastiche di 6.000-8.000 euro. A questo si aggiunga che ci sono regioni, come la Lombardia, che concedono una dote-scuola molto generosa per le scuole private, e poi hanno gli istituti pubblici che vanno alla deriva. Nell'anno scola-stico 2019/2020 lo Stato ha stanziato ulteriori 500 milioni di euro alle scuole paritarie mentre nello stesso periodo so-no stati tagliati 1,8 miliardi all'istruzione pubblica (Sole 24 ore, 3 ottobre 2019). Fioramonti si era dimesso come ministro per questa ragione e oggi il tanto sbandierato decreto Cura Italia non fa altro che restituire quanto era stato tolto questo inverno. Luigi Sepiacci, presidente di Aninsei Confindustria (che associa 600 gestori di strutture private), ha dichiarato che nel mese di marzo, a causa del Covid-19, solo il 30% delle famiglie con figli iscritti a scuole paritarie ha pagato la retta scolastica, mentre ad aprile non è stata pagata da nessuno. Il presidente di Confindustria conclude molto preoccupato: «Se si continua così quelli che resteranno in piedi saranno costretti a raddoppiare le rette». Ma la ministra Azzolina ha trovato la giusta soluzione: far pagare il povero per salvare il ricco. Il governo ha quindi stanziato ulteriori soldi per coprire le rette non pagate delle scuole private a spese dello stato, applicando la stessa logica con cui si salvano le grandi aziende e le banche.

E le scuole pubbliche? Dopo il taglio di 10 miliardi della ministra Gelmini nel 2008, l'Eurostat certifica un calo delle spese per l'istruzione sempre maggiore. Nel 2017 la spesa per l'istruzione pubblica è stata tra le più basse dell'UE. Le conseguenze sono che solo il 26% delle strutture scolastiche a livello nazionale è agibile e rispetta le norme di sicurezza.

A causa dei tagli, dell'aumento dei costi dei libri, del trasporto e delle rette scolastiche, in media uno studente su quattro abbandona la scuola prima del diploma e al sud arriviamo ad uno su tre, una vera tragedia.

La situazione peggiora per gli studenti affetti da disabilità. Uno studio ha accertato che nella regione Lombardia ci sarà, in due anni, una riduzione del 60% dei fondi ai disabili per famiglia. Dopo che nel 2018 c'era stata una riduzione del 40%: con questo nuovo provvedimento verrà abbassato il contributo minimo mensile che prima era di 900 euro a soli 400 euro. (Il fatto quotidiano, 14 gennaio 2020).

Per non parlare degli insegnanti: negli ultimi 10 anni c'è stata una riduzione degli organici di 100.000 unità. L'azzeramento di tutti i finanziamenti alle scuole private potrebbe essere il primo passo per riqualificare la scuola pubblica; questo sistema, invece, privilegia una piccola minoranza a discapito della maggioranza più svantaggiata. Ogni anno l'istruzione pubblica subisce tagli più pesanti mentre i finanziamenti per l'istruzione privata, le banche, le spese militari e le grandi industrie aumentano.

Emilio Fenu