La democrazia della comunicazione

Un miliardo e mezzo di studenti sono stati impegnati al culmine della pandemia, marzo 2020, nella Didattica a Distanza (DAD). Oggi il numero si è ridotto, ma tra lezioni e attività di cura del proprio profilo sui social alcuni ragazzi hanno utilizzato il PC sino a 18 ore al giorno. Nessuno, tra gli studiosi dell'adolescenza, ha sottolineato il paradosso più grande: prima abbiamo invitato i giovani a non abusare dei vari devices (PC, Tablet, Smartphone), poi abbiamo chiesto loro di utilizzarli 24h. Non pochi studenti infatti, affogati da una DAD non coordinata, hanno utilizzato gli strumenti digitali nel cuore della notte per poter trovare più celle libere ed evitare impuntature o crash nella connessione. Accanto ai discutibili obiettivi raggiunti con la DAD, che in alcuni casi ha accentuato le disparità sociali, è anche esploso però un uso anarchico della rete e la pratica perversa dello zoombombing. Attraverso tale pratica molti adolescenti si sono infiltrati in una lezione on line e pervasi da un frainteso senso di onnipotenza hanno ritenuto di poter postare di tutto e di più, compresi contenuti offensivi per i docenti che hanno subito veri e propri episodi di cyberbullismo. La stessa autorevolezza dei docenti è stata posta in discussione e le gerarchie comunicative sono state scardinate. Per di più, le tecniche di comunicazione ipnotica, tipiche di alcuni social, hanno sorretto per mesi un'ondata di fake news alimentata dal click baiting. Tutto ciò ha agevolato la comunicazione subliminale che spesso è volta ad asservire in maniera acritica giovani e giovanissimi alle proposte dei leoni da tastiera e influencer di ogni tipo. Con la DAD è aumentata anche la violenza in rete, l'hate speech e la vendita di immagini a luci rosse (sexting) in cambio di una ricarica telefonica. A denunciarlo la Fondazione Carolina che ha richiamato gli adulti a una maggiore presenza sul ve-sante educativo e posto la n-cessità di unificare le legislazioni europee per evitare che quello che da noi è reato, non lo sia altrove e che la tanto auspicata democrazia comunicativa non produca un'asimmetria di forza che può plagiare, soggiogare e talvolta istigare al suicidio i più fragili. Di tali argomenti, si è parlato durante un'audizione al Senato in cui è stato possibile esporre i dati tratti dalle ricerche della Cooperativa Lariso, che affronta da sempre questi temi nel territorio. La deputata tedesca Sabine Verheyen durante la presentazione alla UE di possibili dispositivi di protezione dei minori, ha invocato l'urgente necessità di una rivisitazione della democrazia della comunicazione che, se è vero che deve sfuggire alle gerarchie e ai potentati, non può neanche lasciare che l'inconsapevolezza degli adulti porti i nostri giovani a subire passivamente, a esser soggiogati o - parafrasando Battisti - «a guidare nella notte a fari spenti per vedere se è così difficile morire».
I bambini trascorrono, ogni giorno, ore navigando su Internet, esposti a qualsiasi genere di contenuto compresi video che incitano all'odio e alla violenza. Per il Parlamento, la priorità è assicurare una maggiore protezione dei minori attraverso un aggiornamento della direttiva sui servizi audiovisivi, perciò il comitato culturale ha adottato, il 25 aprile, la propria posizione sulla legislazione.
Quanto tempo trascorrono i bambini sul web? E come possono essere protetti contro i contenuti dannosi?
«Una delle nostre priorità più urgenti è la protezione dei minori. Abbiamo proposto di adattare alcune delle norme applicabili ai pro-grammi televisivi anche ad internet», racconta una delle relatrici, la deputata tedesca Sabine Verheyen (PPE).
Nel rapporto è appunto specificato che le piattaforme di condivisione dei video dovranno creare dei meccanismi di sicurezza facilmente utilizzabili dagli utenti per segnalare contenuti dannosi da rimuovere prontamente.
Inoltre, le pubblicità dei prodotti a base di tabacco, delle sigarette elettroniche e dell'alcool dovrebbero essere bandite dai programmi televisivi per bambini e dalle piattaforme per la condivisione dei video.
Oltre alla protezione dei minori la direttiva si concentra anche su altre questioni. Per riflettere la diversità culturale dell'Europa, i membri della Commissione cultura e istruzione chiedono una quota del 30% delle opere europee nei cataloghi dei video on demand (inizialmente la Commissione Europea aveva proposto una quota del 20%).
Sulla base delle proposte, il Parlamento riunito deciderà se avviare i colloqui interistituzionali per l'approvazione definitiva della legislazione, durante la sessione plenaria di maggio a Strasburgo; mentre il Consiglio intende adottare il mandato di negoziato il 23 maggio.
Gianfranco Oppo - Cooperativa Lariso