La mucca è entrata in Camera

Era prevista (ma anche favorita da una legge elettorale che distorce ampiamente i livelli della rappresentanza reale) l'affermazione dell'alleanza di centrodestra, e in particolare di Giorgia Meloni, nelle recenti elezioni politiche. Ora sono in corso le necessarie e febbrili discussioni nel campo di tutte le forze politiche sconfitte, specialmente nell'area genericamente definita di centrosinistra, ma con ripercussioni più rilevanti per quanto riguarda la scarsa tenuta del PD, quale forza maggiore di quell'area.
Gli ultimi risultati elettorali hanno ampiamente ribadito la difficoltà di questo partito a ottenere un voto di rappresentanza di quelle fasce popolari e dei ceti intermedi che, storicamente, erano state rappresentate in prevalenza dalla sinistra, soprattutto dal Partito Comunista Italiano, dal dopoguerra, fino agli anni della caduta del Muro e del successivo scioglimento di quel partito.
Ancora con Bersani segretario, il PD vinceva in 90 capoluoghi su 120, aveva la maggioranza delle Regioni italiane; nel 2013, alle elezioni politiche, è stato il primo partito, senza però raggiungere la maggioranza al Senato.
Lentamente, ma inesorabilmente, è cambiato il modo di essere di questo partito, soprattutto nelle sue politiche concrete in campo economico, sociale e culturale: il nuovo soggetto politico, nato per rappresentare il rinnovamento e dare risposte adeguate ai ceti popolari più disagiati e in difficoltà, è stato percepito in modo diverso da quegli stessi ceti, che lo hanno valutato inadeguato. A milioni di lavoratori, di pensionati, di piccoli settori produttivi, di donne e di giovani, è apparso come il rappresentante di scelte favorevoli ai poteri forti, e a classi sociali già benestanti.
Il PD ha poi perduto 2,5 milioni di voti sotto la guida di Renzi e quasi un altro milione con Letta. I dati statistici elettorali, dopo il 2013, sono, a questo proposito, impietosi: Camera 2013: 8.644.187 voti; Camera 2018: 6.178.205; Camera 2022: 5.356.180, con un saldo negativo di oltre 3,3 milioni di voti,
Pier Luigi Bersani, ospite di Formigli a Piazza Pulita, il 12 giugno 2017, interrogato sugli errori della Sinistra, così commentava, con una delle sue più azzeccate metafore: «Andando avanti così, vien su la destra... chi non vede questo non vede la mucca nel corridoio, qui abbiamo poco tempo per dare un messaggio, per dare una sterzata...».
Lo stesso Bersani, insieme a tanti altri dirigenti storici e a centinaia di migliaia di militanti ed elettori, dopo i provvedimenti di Renzi sul mondo del lavoro, dal Jobs Act, all'art. 18, al referendum sulla riforma costituzionale, aveva già abbandonato il PD, fondando, nel febbraio 2017, il movimento di Art.1-MDP, con l'impegno programmatico dichiarato, e la richiesta, di un nuovo soggetto politico, in grado di dare risposte, economiche e sociali, a tutte quelle fasce popolari alla ricerca di un'adeguata rappresentanza, in Parlamento, nelle altre sedi istituzionali e nel Paese.
D'altra parte, i tentativi successivi di altre forze politiche progressiste di costituire nuovi punti di riferimento, a sinistra del PD, non hanno avuto risultati elettorali adeguati ai bisogni e alle richieste di queste stesse aree. Nel 2018, con la costituzione di LeU, frutto dell'alleanza di Art.1-MDP, Sinistra Italiana e Possibile, alla Camera si ottennero 1.109.198 voti, con una percentuale del 3,38%.
Nel 2022, gli stessi partiti si sono presentati con visioni e posizioni diverse, anche se interni alla stessa alleanza: Art.1-MDP nella la lista PD-Democratici e Progressisti, Sinistra Italiana e Possibile con i Verdi. Scelte che hanno provocato in diverse regioni, anche in Sardegna, malessere e dissociazioni; comunque, i risultati complessivi, con Sinistra Italiana-Verdi che ha ottenuto alla Camera poco più di un milione di voti (pari al 3,6%), hanno dimostrato che questa linea di partiti minoritari della sinistra, può essere utile per alzare qualche bandiera e per eleggere un piccolo numero di parlamentari, non certo a risolvere i problemi della sinistra.
Gianni Tola