La scuola ai tempi della pandemia: un'impresa faraonica

16.06.2021

Il disorientamento, l'incertezza e spesso l'impotenza hanno afflitto le menti dei docenti, chiamati a svolgere, nonostante tutto, il loro difficilissimo ruolo. L'unica soluzione che si palesava era quella di rimboccarsi le maniche e ricordarsi come si era da giovane, rivivendo le proprie emozioni per capire meglio gli allievi che si avevano di fronte; ogni docente, ora più che mai, li osserva, si emoziona con loro e per loro. L'empatia, in questo caso, ha aiutato e aiuta l'insegnante a costruire ponti verso lidi sconosciuti, ha permesso di attraversare giungle apparentemente inaccessibili e impervie, ha permesso di navi-gare in mare aperto e in piena tempesta giungendo a isole meravigliose. I nostri allievi sono gli uomini e le donne di domani, sono coloro che noi avremo aiutato ad essere se stessi e avremo sostenuto nel difficile cammino della vita.

La necessità di fare scuola e di trasmettere sicurezza ai propri allievi ha spinto ogni singolo docente ad adottare nuove strategie e metodologie tese a «non far mancare niente ai propri ragazzi», così come fa un genitore scrupoloso nei confronti dei propri figli; si è cercato, superando ogni criticità, di proporre eventi singolari orientati e di stimolare la loro crescita culturale; così sono nati eventi ed episodi di condivisione e dialogo, anche con persone e realtà lontane, abbattendo ogni confine spaziale e temporale.

Oggi, nel bel pieno della pandemia e dell'incertezza che regna a tutti i livelli, più che mai gli allievi hanno bisogno di noi, hanno bisogno di un docente che trasmetta sapere certo e comprovato, che esiga disciplina e costanza nell'impegno, che osservi e monitori i miglioramenti e i peggioramenti dei propri allievi senza esprime giudizi che possano ledere la loro autostima o, ancor peggio, etichettarli; ogni intervento dev'essere teso a migliorare giorno dopo giorno il proprio lavoro, con l'intento di saper ascoltare e rielaborare le incertezze e le incapacità di ciascun allievo per farle diventare punti di forza.

Purtroppo, le circostanze non sempre hanno permesso questa costante presenza; ci si riferisce in particolare al periodo prima di dad, poi di did (didattica) e infine di didattica mista, ma anche alla tanta burocrazia e alle tante scadenze che ingessano il lavoro dell'insegnante e l'intervento attento e scrupoloso di guida e maestro di cui egli è investito.

Inoltre, spesso si travisa il ruolo stesso dell'insegnate. Il docente non è affatto un intrattenitore, un amico o, peggio, un compagnone troppo cresciuto. Al contrario l'insegnante è chiamato ad accompagnare i ragazzi fuori dalla famiglia e poi nella società, quindi è il primo approccio reale con l'altro adulto: rappresenta a volte le prime vere difficoltà della vita con cui dovranno confrontarsi e a volte scontrarsi.

Oggi, più di prima, il compito dell'insegnante è delicato e difficile; perché essere docente significa tendere la mano, significa impegnarsi sempre, a volte soffrire e ripercorrere le tappe della crescita con loro, senza impedirgli di soffrire e arrabbiarsi, senza semplificargli la vita oppure compatirli, il che sarebbe devastante e illusorio.

Insomma, mai come adesso è necessario restituire il ruolo centrale alla scuola e a coloro che vi operano; inoltre è fondamentale - per una società che si evolve velocemente, in cui le certezze sono sempre più spesso messe in dubbio - fissare dei punti fermi e solidi che non vengano scossi da nessun evento improvviso. Se alla scuola italiana fosse stato riconosciuto il ruolo di pilastro portante della società, forse non sarebbe stata travolta dall'uragano pandemico. In particolare, se le classi fossero state meno numerose, se i mezzi di trasporto fossero stati più efficienti, se i ragazzi fossero stati adeguatamente istruiti nell'utilizzo delle tecnologie e tutti fossero stati dotati di apparecchi; insomma se si fosse investito di più nella scuola, forse i nostri bambini e ragazzi non avrebbero perso neppure un giorno di esperienza tra i banchi delle loro aule; perché la scuola non è fatta solo di nozioni e conoscenza ma anche e soprattutto di rap-porti umani tesi a formare la persona; perché la scuola è la prima palestra di vita che i futuri cittadini di ogni nazione frequentano.

Investire nell'istruzione non solo rende competitivo uno Stato ma previene an-che i mali destinati ad affliggerlo.

Giovanna Ziccheddu