La sinistra davanti a un bivio storico

30.04.2021

Non vi è alcun dubbio che la situazione mondiale offra oggi una duplice lettura: la crisi strutturale del capitalismo, nel senso che ha dimostrato la sua incapacità di dare soluzione ai complessi problemi che travagliano l'umanità tutta ed il suo rapporto con la natura; la difficoltà culturale, ideologica e analitica della sinistra di dare risposte credibili agli stessi problemi.

Intendiamoci, questo schematismo non dà piena contezza né delle politiche economiche e sociali che il capitalismo (attraverso i governi che ad esso si ispirano) mette in campo nello scenario mondiale, né degli sforzi che le forze di sinistra prodigano per provare a correggere o modificare tali politiche, né delle loro pur parziali elaborazioni teoriche.

In politica non bisognerebbe mai ragionare per schemi. La realtà si ostina ad avere una sua intrinseca oggettività e gli schemi impediscono spesso di coglierne tutte le sfaccettature e di valorizzarne quelle più positive. Di più, se ci si ostina a vedere la realtà solo con la propria lente, e a vederla non così come è ma come si vorrebbe che fosse, si rischia di non incidere minimamente su di essa e lasciare, quindi, che essa rotoli inesorabilmente verso una prospettiva negativa.

La realtà è che il mondo è in una fase di profonda trasformazione che coinvolge tutti i modelli di organizzazione della vita a tutti livelli. Essa ha impatti diversi, sostanzialmente diversi, sulle popolazioni e produce effetti drammatici su moltissima parte di queste. Non credo che ci sia nessuno che possa sottrarsi a questi radicali mutamenti, a qualunque strato sociale appartenga.

Il sistema capitalistico non solo favorisce i cambiamenti ma li usa per accrescere il proprio potere cercando, e spesso trovando, la complicità di coloro che la trasformazione la subiscono.

La sinistra, se vuole incidere sulla realtà, de-ve comprendere e indirizzare questa trasformazione, orientandone i percorsi, definendo obiettivi comprensibili e condivisibili dai propri riferimenti sociali, approntando strumenti e politiche idonee al loro compimento. Ma, soprattutto, deve enucleare in modo estremamente chiaro le alternative, gli interessi in gioco, gli effetti derivanti dalle alternative, appunto.

Credo non ci sia alcuna contraddizione con il primo obiettivo che una sinistra degna di questo nome deve porsi: la difesa dei ceti più deboli, il miglioramento delle loro condizioni di vita, la valorizzazione del lavoro e della sua dignità, l'equilibrio e la convivenza tra gli uomini e la natura e l'ambiente, lo sviluppo delle conoscenze e della cultura come elementi strutturali di crescita e di emancipazione delle masse popolari.

Per ottenere e raggiungere questi traguardi bisogna fare i conti con l'innovazione, con il progresso e le trasformazioni; quindi conoscerle, favorirle e dare loro un quadro di riferimento positivo e, passatemi il termine, socialmente morale in quanto rivolte al miglioramento dei più.

Tutto ciò non si costruisce in astratto e nel chiuso dei propri confini. Bisogna stare all'interno di alleanze e progetti politici che ne condividano le ispirazioni di fondo, che pongano argini e confini rispetto a interessi contrapposti e a teorie e pratiche politiche meramente conservatrici e di destra, e che condividano l'idea dello Stato come elemento car-dine delle trasformazioni economiche e sociali. Soprattutto, la sinistra deve prendere atto, anche con umiltà, che in questo scena-rio si muovono ed agiscono vari soggetti non solamente politici. E deve ancor più prendere atto che la complessità di questi obiettivi, la loro difficolta e la necessità di allargare a dismisura gli ambiti del consenso attorno ad essi comporta l'assoluta esigenza di dare un valore universalistico e altamente morale alla proposta politica che essa mette in campo.

Credo che questo senso universalistico e morale debba basarsi sulla compenetrazione e il riconoscimento di questi valori: quello spirituale, che sia esso religioso e trascendente o naturalistico e razionale, quello ambientalista ed ecologista, quello egualitario e libertario, che trova fondamento nella grande idea e cultura socialista, e quello dell'emancipazione femminile e della parità di genere. È giusto che siano diversi i soggetti che operano in questo quadro di convergenze e che si organizzino nelle maniere che ritengono più consone; la sinistra ha il compito di approfondire la propria identità, la propria conoscenza e la propria cultura, mettendole a disposizione dell'intero fronte progressista, chiarendo che ogni avanzamento strutturalmente riformatore è sempre frutto di rapporti di forza e lotte sociali e politiche spesso dure e impegnative.

In tal senso giudico molto positivamente quanto si sta affermando nella strategia delle forze politiche che hanno sostenuto il precedente governo Conte: la loro convergenza ed alleanza all'interno di uno schieramento politico alternativo alla destra e caratterizzato da contenuti innovativi e progressisti.

Ecco, su questi contenuti la sinistra deve accrescere la propria capacita di conoscenza e di analisi, sfuggendo dalla facile retorica e dalla semplificazione dei complessi problemi che riguardano il futuro dei giovani e le loro aspirazioni e speranze.

Un ultimo problema, non per importanza: la questione morale presente in Italia. Essa non riguarda solo la politica o le istituzioni. Inerisce, io credo, il generale modello organizzativo e di vita dell'intero Paese.

Una forza che si pone l'obiettivo di guidare la trasformazione e l'innovazione non può eludere l'obiettivo di affrontare la questione morale. Deve farlo innanzitutto dando una impronta anche etica al proprio comporta-mento politico e contribuendo a definire norme e discipline che servano a elevare la qualità complessiva dell'intero Paese.

Filippo Isgrò, dirigente di Sinistra Italiana