La verità negata: il caso Moby Prince

17.11.2020

Ci risiamo. Dopo una breve parentesi di ottimismo, generata dai lavori e dagli esiti della "Commissione parlamentare d'inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince", i parenti delle vittime subiscono nuovamente i tentativi di cancellare ogni speranza sulla ricerca della verità e l'ottenimento della giustizia.

Nella strage del Moby Prince del 10 aprile 1991, morirono 140 persone (30 sardi, un pattadese) in seguito alla collisione, a poche miglia dal porto di Livorno, tra il traghetto ed una petroliera ancorata in rada. Per venticinque anni si è assistito a sentenze che non hanno portato all'accertamento di nessun responsabile, dando a volte l'impressione di voler ricostruire l'evento in maniera da accontentare tutte le parti in causa: lo Stato, l'Eni-SNAM-Agip, la NavArMa di Onorato; tutte le parti in causa, tranne quella rappresentata dai parenti delle vittime, che per venticinque anni hanno dovuto subire ricostruzioni di comodo, che non trovavano nessun colpevole e nessuna causa per la strage.

A dare una nuova, forte, speranza era stata istituita la Commissione parlamentare d'inchiesta, guidata dal senatore Silvio Lai. Dopo oltre due anni di audizioni, ricerche e perizie tecniche, la Commissione ha presentato una relazione conclusiva che, immediatamente, dava ulteriore speranza per l'attribuzione delle responsabilità della tragedia.

Sulla scia dei risultati dell'inchiesta parlamentare i familiari avevano citato lo Stato davanti alla Sezione Civile del Tribunale di Firenze, chiedendo un risarcimento per le inadempienze legate all'assenza di controllo nel porto di Livorno e alla mancanza di soccorsi nei confronti delle persone che sono morte sul Moby Prince. Un risarcimento che era la richiesta, da parte dei familiari, di un riconoscimento di giustizia .

La sentenza emessa nei giorni scorsi dal Tribunale di Firenze, che rigetta l'istanza di risarcimento per intervenuta prescrizione, riporta i parenti delle vittime a cinque anni fa, quando la Commissione parlamentare non aveva inaugurato i propri lavori. Dopo quella speranza arriva la nuova doccia fredda.

Perché la sentenza non rigetta solo l'istanza. Nelle argomentazioni allegate si sminuisce e si tenta di demolire il lavoro dei senatori, e quel tanto di verità che è emersa.

In particolare, in alcuni stralci - riportati e sottolineati in una lettera che oggi le associazioni dei familiari delle vittime hanno spedito alle Istituzioni (Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, Presidente della Camera e Presidente del Senato) - i giudici di Firenze affermano che la Commissione parlamentare «non ha individuato nuovi e diversi elementi su cui poter fondare nuove ipotesi di responsabilità ma ha fornito una valutazione diversa degli stessi elementi» e «non ha disvelato verità e certezze nuove, avendo solo rivalutato fatti già conosciuti ed accertati in sede penale». Di più: secondo la sentenza di Firenze, la relazione della Commissione parlamentare avrebbe solo una «valenza politica».

E invece la Commissione ha portato alla luce nuove verità, che erano state ignorate o male interpretate dalla magistratura fin dal primo processo, nel Tribunale di Livorno.

Tra queste verità c'è, una volta per tutte, l'assenza di nebbia nella notte del 10 aprile 1991 in rada a Livorno; quella nebbia che è rimasta nella memoria collettiva come la causa principale della strage. C'è una nuova stima dei tempi di sopravvivenza a bordo del traghetto in fiamme. Una sopravvivenza lunga ore, e non poche decine di minuti, nella vana attesa che i soccorsi arrivassero anche sotto le carene del traghetto in fiamme. C'è l'accertamento della posizione illegittima della petroliera Agip Abruzzo, ormeggiata in zona interdetta all'ancoraggio ed alla pesca. E c'è, infine, l'incredibile, anomala ed oscena, vicenda dell'accordo armatoriale, con le due compagnie navali coinvolte nella strage che, appena due mesi dopo il disastro, quando ancora non si conoscevano minimamente le dinamiche, si «accordarono per non attribuirsi reciproche responsabilità, non approfondendo eventuali condizioni operative o motivazioni dell'incidente attribuibili ai due natanti», come riportato nella relazione finale della Commissione.

Ed oggi, con la nuova sentenza del Tribunale di Firenze, facciamo finta che tutti questi elementi non siano mai venuti alla luce? Torniamo a parlare di nebbia e partite di calcio?

Giacomo Multinu