L'autunno si scalda

Contro la prima manovra economica del governo Meloni scendono in piazza i sindacati. Non tutti, per la verità: la CISL si è chiamata fuori dalla mobilitazione generale, promossa da CGIL e UIL dopo il sostanziale fallimento degli incontri con il Governo, ritenendo che comunque siano stati fatti passi avanti.
Lo sciopero, proclamato in undici regioni, tra le quali la Sardegna, costituisce un tentativo di indurre il Parlamento a intervenire per correggere una manovra giudicata iniqua e inefficace: «Noi insieme alla UIL abbiamo ritenuto, visto che non siamo stati ascoltati dal governo, di scendere in piazza per chiedere che governo e parlamento cambino la loro politica. Non abbiamo altri strumenti - ha detto il segretario generale della CGIL Maurizio Landini - Diciamo alle persone che è il momento di scendere in piazza insieme per cambiare la legge di bilancio».
Le critiche riguardano gli interventi sulle pensioni, dove la riforma Fornero viene peggiorata e la quota 103 costituisce una presa in giro; inoltre si fa cassa sulla rivalutazione delle pensioni, non si riduce la precarietà, non si aumentano i salari, e sul fisco invece di aprire a una vera riforma e di combattere l'evasione, si introduce la flat tax.
Ma non sono solo i sindacati a criticare la manovra economica. Tra i partiti di opposizione, il Movimento Cinque stelle si oppone all'attacco sferrato dal governo contro il Reddito di cittadinanza. L'alleanza rosso-verde lamenta l'assenza di interventi per eliminare la precarietà del lavoro, per il salario minimo. Il Pd chiede fondi per il sostegno agli affitti delle fasce più deboli della popolazinone.
In realtà, la prima manovra Meloni, al di là di qualche specchietto identitario (limite contanti, POS, cartelle), è fortemente condizionata dalla scarsità di risorse disponibili: del 35 miliardi, due terzi andranno a ridurre l'impatto del caro bollette, e il restante terzo deve fare i conti con il solito assalto alla diligenza per tirare la coperta da una parte o dall'altra.
Una manovra difensiva, senza visione, recessiva, in un momento nel quale la Banca centrale europea alza i tassi di sconto e anticipa la fine degli acquisti di titoli di Stato, provocando l'immediato crollo delle borse. Come al solito, a pagare l'ennesima crisi di una economia basata solo sulla finanza e la politica monetaria saranno quelli di sempre: lavoratori dipendenti, pensionati, ceto medio che scivola sempre più verso il basso.
E poi la solita politica dei tagli al welfare: ancora una volta la scuola subisce il trauma della chiusura di istituti e di classi. Le periferie demografiche vengono abbandonate a sé stesse.
Con queste premesse, l'anno che sta per iniziare si tinge di un'angoscia che può facilmente mutare in rabbia.
«Noi avevamo proposto di detassare la tredicesima e gli aumenti contrattuali - ha detto nella manifestazione di Napoli il segretario generale della UIL Pier Paolo Bombardieri - ma c'è stato solo un parziale intervento sul cuneo fiscale, che si traduce in soli 15 euro lordi al mese. Bisogna poi affrontare il problema della precarietà ma la scelta di ampliare l'utilizzo dei voucher va nella direzione opposta. Così come non va bene la decisione su opzione donna. Né ci sono risposte sul Mezzogiorno e sulla sanità. È proprio questo il motivo per cui oggi siamo qui a Napoli con i lavoratori di questo settore duramente provati nel periodo della pandemia».
A chi difende il diritto/dovere da parte del Governo di portare avanti il suo programma, il segretario della CGIL Maurizio Landini ha risposto così dal palco della manifestazione di Roma: «È vero, questo Governo ha avuto la maggioranza dei voti e potrà anche durare 5 anni; in queste elezioni, vorrei annotare, ha ottenuto 12 mln di voti ma in 15 mln hanno vo-tato altri partiti e 18 mln si sono astenuti. Questo per dire che l'idea che da solo questo governo sia in grado di rappresentare questo paese, non è vera».
Poi, rivolto alla partite IVA e agli autonomi, beneficiati dalla flat tax, ha aggiunto: «E dico alle partite Iva non vi fate fregare: a voi non servono meno tasse ma più diritti, le ferie, la malattia, la maternità».