Lettere contro la guerra di Tiziano Terzani

È una raccolta di lettere, successive all'11 settembre 2001, in cui Terzani racconta che esiste un punto di vista diverso da quello della guerra al terrorismo. La prima lettera, Una buona occasione, scritta da Orsigna, è stata pubblicata il 16 settembre sul Corriere della Sera. Prendendo atto che «le nostre vite sono completamente cambiate» dopo il più noto 11 settembre, Terzani pensa che sia giunto il momento di conoscerne le ragioni, senza demonizzare il nemico, ma capendo «con chi abbiamo a che fare e perché». È da questo momento che si può ripartire, che abbiamo una buona occasione per costruire una nuova era.
A questa lettera ha risposto Oriana Fallaci, il 29 settembre sul Corriere della Sera. Da questa risposta Terzani, con già il biglietto per Delhi in tasca, si accorge di essersi sbagliato e che «l'11 settembre era stata l'occasione di svegliare e aizzare il cane che è in ognuno di noi». Così da Firenze scrive una lettera diretta alla Fallaci, chiedendosi in che direzione decidiamo di andare. «Se alla violenza del loro attacco alle Torri Gemelle noi risponderemo con una ancor più terribile violenza - prima in Afghanistan, poi in Iraq, poi chi sa dove -, alla nostra ne seguirà necessariamente una loro ancora più orribile e poi un'altra nostra e così via. Perché non fermarsi prima?».
È l'8 di ottobre che i giornali riportano i primi bombardamenti americani in Afghanistan. È l'8 di ottobre che viene pubblicata la seconda lettera di Terzani. Ed è l'8 di ottobre che Terzani parte da Firenze per arrivare a Parigi, alla volta di Delhi e poi del Pakistan. Un pellegrinaggio contro la guerra per «far sentire una voce, un'altra parte di verità, aprire un dibattito...».
Da Peshawar, città di frontiera. Terzani racconta le storie sentite al bazar di Kissa Qani, storie del passato, ma anche del presente (tutte incentrate sulla guerra americana). Ma, sotto consiglio di un amico del bazar, Terzani si reca in un villaggio (pashtun) di frontiera per conoscere meglio chi erano coloro che andavano a combattere in Afghanistan, visitando anche una scuola coranica, una madrassa: «Disperante.»
Arriva poi a Kabul. «Kabul non è più, in nessun senso, una città, ma un enorme termitaio brulicante di misera umanità; un immenso cimitero spolverato.» «Prima o poi quest'uomo dovrà cambiare strada e rinunciare alla violenza. Il messaggio è ovvio. Basta guardare Kabul.»
Poi dall'Himalaya indiana, Terzani comunica ancora un messaggio di speranza. Ricordando che «il mondo è di tutti. [...] Visti dal punto di vista del futuro, questi sono ancora i giorni in cui è possibile fare qualcosa. [...] Questa è una buona occasione. Il cammino è lungo e spesso ancora tutto da inventare. Ma preferiamo quello dell'abbrutimento che ci sta dinanzi? O quello, più breve dell'estinzione? Allora: Buon viaggio! Sia fuori che dentro.»
Giulia Fogarizzu