L'unità improrogabile

Voglio prendere, ancora una volta, spunto da quella patetica e qualunquista affermazione che una certa categoria di persone (anche nell'ambito della sinistra) utilizza per definire la propria collocazione politica o la collocazione del proprio progetto politico: «né di destra né di sinistra». Questi signori, utilizzando questa formula magica di cui abusano pensando, evidentemente, che sia veramente magica, chiariscono che cosa non sono, ma nulla dicono su cosa sono. Credo che questo autorizzi chi li legge e/o ascolta a dedurre che effettivamente non sanno cosa sono; non mi sembra ci sia un'altra spiegazione per chiarire una tale esibizione della propria, per essere buoni, incertezza. Insomma, c'è confusione in giro!
Veniamo alla maniera con la quale ci definiamo noi di sinistra: diciamo «noi siamo di sinistra»; tutto chiaro, l'affermazione non si presta ad equivoci. Tuttavia bisognerebbe chiarire non solo il significato dell'affermazione, ma anche cosa essa sottende in ordine ai comportamenti politici di chi si attribuisce tale definizione.
Nel nostro focus si parla di «rappresentare le fasce più deboli della popolazione», si parla di uguaglianza, giustizia sociale, riscatto umano; effettivamente sono queste le categorie a cui si riferisce, e cerca di perseguire, una persona che si attribuisce una collocazione a sinistra.
Ma si pone subito il problema di come perseguire gli obiettivi appena enunciati, e questa è una questione di non facile soluzione, oggi più che mai, in questo panorama politico. Si parla al massimo di centro-sinistra e questa definizione ha perso completamente il suo significato, non si capisce più di cosa si stia parlando. Il PD, che dovrebbe incarnare e dare corpo a questa definizione, non per-segue una politica di sinistra, non e-mette nemmeno un gemito o un so-spiro che possano essere definiti di sinistra. Rimangono le formazioni a sinistra del PD: un panorama frammentato in una miriade di sigle dalle percentuali infime, e comunque tali da non poter avere accesso al Parlamento, al luogo, cioè, dove si decide e dove si traducono i programmi in prassi amministrativa che si riversa poi sulla popolazione. Questi gruppi sono ormai gli unici portatori delle istanze di cui parliamo e sono responsabili del fatto che la proposta di riscatto di una moltitudine di diseredati non raggiunga i soli luoghi dove la loro condizione può essere alleviata, se non risolta. La somma delle forze rappresentate da SI, Leu, Rifondazione, Comunisti etc. potrebbe raggiungere percentuali a due cifre, e se a questo si aggiunge la quota che accompagna i processi di unione delle forze politiche, si darebbe luogo ad una forza costantemente rappresentata in Parlamento dove potrebbe condizionare ogni ipotesi di alleanza ed imporre nei programmi una parte delle istanze di cui si è parlato. L'Unità (ecco la parola magica) di queste forze rappresenta la sola speranza affinché il Parlamento operi una rivoluzione del sistema e si passi dal tremendo liberismo che ha affamato i popoli ad una più equa distribuzione della ricchezza. Questa esigenza, che ha ormai assunto il carattere di una necessità urgente (e che molti imprenditori auspicano!), non viene mai nemmeno citata dai partiti che si richiamano al centro-sinistra. In questa ottica, l'atteggiamento dei partiti di sinistra che si pavoneggiano nel loro status di sterili monadi appare colpevole di non percepire la sofferenza della gente. L'unica possibilità di contare, e di rappresentare la parte sofferente della società, è quella di perseguire l'unione di tutte le formazioni di sinistra senza considerare cosa si guadagna o cosa si perde; se non riusciamo a raggiugere l'Unità di queste forze stiamo tradendo la nostra missione di uomini e donne di sinistra, e la storia ce ne chiederà conto.
Emilio Fenu