...ma lo chiamavan Draghi

17.03.2021

A sentire l'individuo di Rignano accreditarsi il merito dell'ignobile operazione che ha portato alla sostituzione di Conte con il più messianico Draghi, e superato il voltastomaco che immancabilmente produce, ci si stupisce della miserrima dimensione delle ragioni addotte per motivarne il siluramento, e della sfacciataggine con cui gli argomenti usati per abbattere Conte (vedi MES) non vengano più considerati: «Il MES non ci serve più, il nostro MES è lei presidente Draghi!», ha urlato alla Camera un deputato di Italia Viva stupendo tutti per lo slancio insuperabile con cui la sua incontenibile attitudine da baciapile si è manifestata.

Ma le azioni che hanno suscitato le critiche pretestuose mosse a Conte si stanno materializzando, e in una scala decisamente maggiore, nella prassi quotidiana del Presidente del Consiglio. Il suo governo consiste nella sua persona e nei ministri tecnici che, per lungo tempo, hanno fatto squadra con lui e che si confrontano esclusivamente con lui e che solo a lui rispondono; gli altri ministeri sono stati assegnati alla spartizione dei partiti che, in questa operazione hanno mostrato il peggio di sé. Di questa parte del governo a Draghi interessa davvero poco, perché lui non occupa quel posto per risolvere gli anno-si problemi della scuola o dell'agricoltura o della pubblica amministrazione: Draghi oc-cupa quel posto per consentire ai poteri forti di partecipare alla spartizione dei miliardi europei. Nessuno dimentica quanto Conte fosse inviso a Confindustria che oggi, vedendo a capo del governo un suo pari, si permette con becera arroganza di apostrofare gli operai portuali di Genova in sciopero affermando: «Ricordino che oggi il lavoro è un privilegio»; non un diritto, dunque, come afferma la Costituzione, ma un privilegio a cui lo hanno ridotto questi barbari dell'economia e della finanza che hanno derubato milioni di poveri per arricchire i già ricchi.

E poiché questi sono gli amici di Draghi che hanno aiutato il nostro a diventare Presidente del Consiglio, è facile capire chi ha messo a disposizione i trenta denari per la ricompensa del Giuda fiorentino. Conte accentrava il potere nelle sue mani esautorando il parla-mento; a questa invereconda menzogna Draghi risponde non informando nemmeno i ministri del suo governo delle decisioni che prende col conforto del parere dei tecnici che lo circondano. Il povero ministro Speranza apprende dei social e dalle agenzie di stampa del defenestramento di Arcuri e della sua sostituzione con il generale Figliuolo che, pare, piazzerà dei cecchini sui tetti per sparare siringhe e ci vaccinerà come belve della savana. Conte si avvaleva della collaborazione di esperti senza tenere conto del parere del par-lamento (affermazione totalmente falsa date le molteplici occasioni in cui Conte ha riferito in parlamento); Draghi fa arrivare dagli USA la McKinsey (che annovera tra i suoi clienti Mohammad Bin Salman) oltre a reclutare PWC, Ernst&Young e Accenture, senza che i detrattori di Conte in ordine alla governance proferiscano verbo. Ci chiediamo: quale influenza potrà avere il parlamento sulle decisioni di queste entità di cui la maggior parte dei parlamentari non conosceva fino a ieri nemmeno l'esistenza? A quali informazioni avranno accesso queste agenzie per poter studiare il caso Italia e, successivamente, enunciare le loro soluzioni mirabolanti?

Apprendiamo, durante l'ultima stesura del giornale, che Zingaretti si è dimesso da segretario del PD; poiché l'operazione Draghi aveva, e ha, come obiettivo quello di destabilizzare l'alleanza Pd, M5S, Leu, possiamo accreditare anche questo evento alla vile a-zione messa in essere dal tipo. Questo quadro fa sì che le ombre, che già si allungavano sulla sinistra italiana, diventino sempre più cupe e annuncino eventi ancora più catastrofici. Ma, forse, poiché la ripartenza della sinistra italiana non potrà prodursi se non radendo al suolo i partiti, se così possiamo ancora chiamarli, che ad essa fanno riferimento, può essere che la palingenesi che auspichiamo possa realizzarsi proprio partendo dalle macerie che ingombrano il panorama politico italiano.

Emilio Fenu