Pattada: la pedagogia di una comunità-mito

11.10.2020

«Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti», scriveva Cesare Pavese in La luna e i falò.

A differenza di quanto sosteneva Salvatore Satta che chi va via non deve più tornare se non quando è convocato nel giorno del giudizio finale, in Sardegna può succedere che in alcuni luoghi l'andare e il tornare siano la cifra esistenziale al posto del rimpianto e della nostalgia.

Perché accade? Perché alcuni luoghi coltivano con consapevolezza la pedagogia della memoria; stratificano la propria vicenda nella dialettica persino con chi si distanzia ma non si sottrae al vissuto comunitario; coltivano, nel caso specifico, la parola poetica e della narrazione che si arricchisce nel recupero del passato; si riconoscono in territori altri dall'eterno presente in una comunità che rigenerano mentre la trasformano.

Ecco perché parlare di Pattada significa parlare delle persone anche di quelle il cui vissuto è altrove. Non si tratta dell'effetto Proust ovvero del frammento che suscita memorie involontarie.

Perché dai nostri paesi e dalle loro classi dirigenti bisogna ripartire per studiare la formazione delle elite sarde di oggi, il destino e la percezione delle stesse.

Lo si vede bene se si allarga il campo ad alcuni giganti della poesia pattadese Luca Cubeddu, Giovanni Asara Limbùdu, Salvatore Campus Limbori fino ai contemporanei e a generazioni di mastros e dischentes. Potremo affermare che formano un modello di comunità educante che trasmette il saper fare e sequenze di parole che significano campi simbolici diventati pratiche di relazione quotidiane ed esistenza.

In Miele Amaro Salvatore Cambosu bene restituisce i luoghi dove si formava e si trasmetteva molto del sapere comunitario «...vattene dal fabbro, vattene dal falegname: lì ci fa caldo e si discor-re di tutto, di quello di oggi, di quello di ieri, di quello di domani...» e Giulio Angioni, tematizzando il ruolo della relazione tra dischente e mastru nei frailes, ne tratteggia la grammatica, la sintassi e persino la cinesica «si impara guardando e facendo e si insegna facendo, con pochissimo spazio al discorso normativo, che per lo più è o reprimenda o approvazione».

Riconoscere il talento e dargli possibilità significa che su dischente deve poter prendere il posto de su mastru. Nondimeno la pratica della parola bene faeddada consente quella forma di ironia/autoironia da Pisurzi in poi: motteggiare su vizi e virtù avendo come orizzonte il bene della comunità e sos mannos.

Pisurzi come Luca Cubeddu sono parte di un'altra densa genealogia, quella dei numerosi religiosi nati a Pattada. Ciò spiega perché alto e basso, laicità e tolleranza si contaminano senza intaccare il senso religioso.

Ai pattadesi piace raccontarsi che il paese nasca da mediazioni di centri diversi persino antagonisti e un'attitudine alla ricomposizione e alla coesione. Non poteva che essere mediativo un sito con quel nome che si stratifica in-torno ad un impianto chiesastico dedicato ad una martire romana, ripetutamente ristrutturato dal tardo antico, su un asse stradale che metteva in relazione parti consistenti della Sardegna centro-settentrionale.

Nell'Ottocento Vittorio Angius prima e Paolo Mantegazza poi, che visitò Pattada con la prima Commissione parlamentare del 1869, riconoscono l'attitudine dei pattadesi ad essere «persone di buon umore, di notevole spirito, pronti nell'agire, impetuosi, accorti, ingegnosi, imaginosi, anime poetiche»...

Il testo è tratto da un saggio di Maria Antonietta Mongiu pubblicato sul'Unione Sarda e nel blog SardegnaSoprattutto (sardegnasoprattutto.com).

Maria Antonietta Mongiu, nata a Pattada nel 1949, laureata in Lettere e archeologa, è stata Assessore regionale della Pubblica istruzione, beni culturali e sport dal luglio 2007 al febbraio 2009 nella Giunta Soru e, successivamente, Presidente del FAI (Fondo Ambientale Italiano) Sardegna dal 2014 al 2017. Attualmente presiede il Comitato Scientifico per l'Insularità, che si batte per l'inserimento del principio di insularità nella Costituzione.