Piccolo è bello!

Anche se la questione non emerge sui media, ci sono almeno due alternative nei modelli di accoglienza, validi non solo per i migranti ma per ogni tipo di accoglienza, da quella rivolta agli anziani, a quella verso i giovani in condizioni problematiche, a quella per le ragazze madri abbandonate, etc.: una si basa sulle grandi strutture, che rischiano di diventare molto facilmente una specie di carcere o peggio; e l'altra che si basa su una accoglienza diffusa, che ospita in piccole numeri, da cui provare a impostare legami di vicinanza e che aiutano tutti ad andare oltre gli stereotipi.
«Penso a un esempio: in provincia di Benevento supportiamo una rete di Comuni che grazie ai richiedenti asilo può tenere aperte le scuole, fermando lo spopolamento, dando lavoro ai residenti, trattenendo i giovani. Non dico sia semplice, o ovunque ugualmente positivo il risultato, ma c'è un intero paese che sa cosa significa integrazione», dice Oliviero Forti, della Caritas.
E invece si continua a puntare sulle grandi strutture, che raccolgono centinaia di persone senza servizi e in condizioni di vita talvolta disumane. E dove a prevalere è il business (quando va bene) o la corruzione e la disonestà (quando va male ed è la maggioranza dei casi). Oltre tutto, sul fallimento delle grandi strutture si costruisce una campagna di odio e di irrazionalità che si diffonde nel tessuto sociale e avvelena il clima sociale.
Le responsabilità del governo centrale sono evidenti, ma non possono essere utilizzate per coprire il silenzio e l'inattività degli altri livelli istituzionali: le Regioni e i Comuni, forse avviliti da alcune azioni brutali che hanno infangato i non molti esempi virtuosi. Valga per tutti il caso di Riace, dove il sindaco Mimmo Lucano è stato sottoposto a una vergognosa campagna mediatica che lo ha costretto alle dimissioni e addirittura all'esilio, e che le ultime sentenze hanno completamente assolto dalle accuse strumentali che gli venivano mosse.
Certo, l'argomento non è di quelli che procurano facili consensi, occorre impegnarsi a modificare una mentalità diventata purtroppo corrente, ma non è forse questo uno dei compiti più alti di una politica che voglia guidare la società e non solo compiere scelte banali (per usare un eufemismo) sulla base dei rilevamenti degli istituti demoscopici?
Senza scelte coraggiose che si confrontano non esiste democrazia.