Resistere allo stravolgimento della storia

22.04.2025

Due anni fa il Presidente del Senato, seconda carica dello Stato, affermò che in via Rasella i partigiani romani colpirono «una banda musicale di semi-pensionati» e non, come avvenne, un commando delle forze di occupazione tedesche, alleate dei fascisti. Poco prima, la Presidente del Consiglio in carica aveva detto che nelle Fosse Ardeatine «335 italiani innocenti furono massacrati perché italiani», e non perché antifascisti, selezionati come rappresaglia per l'attentato di via Rasella. Questo è lo stato della memoria della Resistenza a ottant'anni dalla Liberazione.

Tutta la storia repubblicana è cosparsa di tentativi di rimozione collettiva. I conti con il passato, e con le colpe del fascismo in particolare, non sono stati fatti. Alcuni storici sostengono che non c'è stata una Norimberga italiana.

Mentre in Germania e in Giappone le persone legate ai regimi che portarono allo scoppio della seconda guerra mondiale furono processate o, quantomeno, estromesse dalle nuove amministrazioni, in Italia ciò non avvenne. Alcuni numeri: dei 394 mila dipendenti pubblici che furono indagati per l'operato durante il fascismo soltanto 1.580 furono licenziati (per poi, nella maggior parte dei casi, essere immediatamente riassunti); dei circa ventimila fascisti delle Brigate nere accusati di reati violenti, come omicidio e tortura, soltanto una esigua minoranza fu condannata, e di questi soltanto una minima parte scontò effettivamente la pena.

Anche i più grandi nomi del fascismo furono risparmiati dalla giustizia: Junio Valerio Borghese, comandante della X Mas, condannato per responsabilità dirette in 43 omicidi a dodici anni di reclusione, ottenne immediatamente la libertà grazie a un condono (e fu libero di organizzare il tentato Golpe del '70); Rodolfo Graziani, comandante supremo delle forze militari di Mussolini, fu condannato da un tribunale militare a diciannove anni di carcere, ma appena tre mesi dopo la sentenza fu liberato per un altro condono.

Per continuare a evitare di fare i conti con le colpe del fascismo, lo Stato italiano, anche se già repubblicano, si adoperò per impedire l'estradizione di 729 presunti criminali di guerra, ricercati dalle autorità dei paesi occupati dall'Italia fascista (Unione Sovietica, Jugoslavia, Grecia, Albania, Francia ed Etiopia) e nessuno di loro fu sottoposto a processo.

Non sorprendono dunque i tanti e continui tentativi di riabilitazione del fascismo già dopo la fine della guerra. Già allora anche giornali moderati pubblicavano articoli in cui si sminuiva il dramma fascista, si vantava una naturale bontà italiana rispetto alla bestialità nazista (come se le colpe dell'occupante nazista non fossero le stesse del suo alleato repubblichino fascista), e si elogiava «l'umanità delle nostre forze di occupazione» nelle tentate esperienze coloniali (come se il genocidio culturale in Jugoslavia e l'utilizzo di armi chimiche in Africa non fossero esistiti e ampiamente documentati).

Tentativi di riabilitazione e occultamento di eventi si susseguirono. Il caso più eclatante fu quello dell'armadio della vergogna. Nel 1994, durante le indagini sulle Fosse Ardeatine a carico dell'ex ufficiale SS Erich Priebke, fu ritrovato, nella sede della Procura generale militare di Roma, un armadio sigillato e con le ante rivolte verso il muro. Al suo interno c'erano i dossier che la magistratura aveva realizzato nell'immediato dopoguerra, e riguardavano i terrificanti eccidi compiuti da nazisti e repubblichini a Sant'Anna di Stazzema, Marzabotto e in tante altre località. 9.180 civili innocenti, soprattutto bambini, donne e anziani, barbaramente uccisi nei modi peggiori. E quei dossier erano restati colpevolmente nascosti per quarant'anni.

Questo spiega forse il motivo per cui, ottant'anni dopo la Liberazione, abbiamo dei rappresentanti delle Istituzioni che si permettono di sminuire la lotta partigiana e offenderne la memoria; di mettere sullo stesso piano fascismo e antifascismo con l'invito a superare queste categorie.

La nostra democrazia si fonda sull'antifascismo, perché è nata dalla Resistenza. La nostra Costituzione è stata scritta con il sangue dei partigiani morti per liberarci dalla dittatura. «Se volete andare in pellegrinaggio nei luoghi dove è nata la nostra Costituzione andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati» scrisse Calamandrei.

E oggi dovremmo essere ancora più vigili per custodire il dono di quei partigiani. Oggi che la democrazia è in crisi in tutto il mondo. Oggi che al governo ci sono persone che si proclamano, ancora, eredi del fascismo. (gm)