Ricostruire i partiti politici

12.02.2022

La nostra democrazia è in crisi. La mutazione dei partiti politici e l'allontanamento dai principi basilari della nostra Costituzione rendono difficile una effettiva partecipazione dei cittadini alla vita politica del Paese. È urgente ricostruire il tessuto di "corpi intermedi" tra rappresentati e rappresentanti nelle istituzioni, sconfiggendo l'individualismo imperante e resistendo all'attacco dei poteri forti (economici, in particolare).


Nel 2005 il sociologo inglese Colin Crouch pubblicò il libro Postdemocrazia, coniando un termine che ebbe enorme successo. Le prime analisi di Crouch prevedevano lucidamente gli effetti della globalizzazione nel contesto neo-liberista di un mercato deregolato dove le grandi corporazioni multinazionali avrebbero acquisito un potere sempre crescente e sempre meno contrastabile dagli Stati nazionali.

Negli anni seguenti al termine fu dato un significato più ampio perché le forze in campo nei processi di deriva post-democratica erano nel frattempo diventate due: al neo-liberismo si era aggiunto il populismo, un movimento che lancia un attacco diretto alle fondamenta non solo politiche ma anche culturali della democrazia. In campo troviamo ora due forze diverse o addirittura opposte, però convergenti nell'attacco alle istituzioni democratiche. Con la grande crisi economica iniziata nel 2008 e con la crescita delle disuguaglianze che ne è scaturita, si è propagato nei paesi occidentali un sentimento di sfiducia nelle istituzioni, e il malcontento popolare ha gonfiato le vele al populismo: la forte diminuzione della partecipazione al voto (siamo ormai intorno al 50%) ne è un segnale indiscutibile.

In una conferenza scientifica internazionale, tenutasi a Cagliari nel 2019 con la partecipazione di oltre 600 studiosi di tutto il mondo, sono stati analizzati gli attuali processi di deterioramento della liberal-democrazia: ne è emersa la tesi che l'educazione (dei giovani e degli adulti) possa esercitare un ruolo importante di argine e possa formare le basi culturali di un più efficace e autentico funzionamento della democrazia. In effetti, svariate indagini statistiche - internazionali e nazionali - hanno dimostrato che sono i cittadini meno istruiti i più esposti alle sirene del populismo, della xenofobia, del rifiuto della diversità etnica, religiosa e culturale.

Un tempo, a fornire almeno i rudimenti di una simile educazione erano la scuola (dove si insegnava l'educazione civica con i meccanismi di funzionamento delle istituzioni) e i partiti politici, già individuati dalla Costituzione del 1948 come gli strumenti principali della partecipazione democratica. Nella dialettica interna ai partiti e nella lotta (spesso aspra e dagli eccessivi connotati ideologici) tra di essi, si formava comunque una coscienza collettiva dell'importanza di approfondire i temi di interesse generale e di formare persone in grado di rappresentare efficacemente gli interessi delle varie classi e ceti sociali.

Il cedimento culturale - anche della sinistra nelle sue varie articolazioni - alle illusioni di una globalizzazione ritenuta acriticamente capace di garantire il progresso, ha provocato una crescente omologazione tra le forze politiche e un sentimento di sfiducia nei loro confronti. Senza una ricostruzione di partiti adeguati alla complessità del mondo attuale e capaci di utilizzare gli strumenti di comunicazione e di organizzazione che il progresso tecnologico rende disponibili, difficilmente si potrà promuovere quella partecipazione che costituisce l'essenza di una democrazia effettiva e non soltanto formale.

Per farlo, occorre intanto creare le condizioni affinché i cittadini/elettori possano fare scelte concrete e in grado di incidere sulle decisioni politiche: le leggi elettorali, per quanto da sole insufficienti a risolvere il problema, costituiscono tuttavia un passaggio necessario per ripristinare quelle condizioni di rappresentanza che sono state falsate dalle riforme degli ultimi vent'anni