Scranni da occupare con giudizio

Tra meno di una settimana gli italiani saranno chiamati alle urne per eleggere i propri rappresentanti nel più alto organo istituzionale previsto dalla Costituzione, quel Parlamento chiamato a scrivere le leggi che regolano la vita sociale e a esprimere, attraverso il voto di fiducia, il governo del paese.
A dar retta ai sondaggi, l'esito è già scritto. La media ponderata dei sondaggi messa a punto da YouTrend dà la coalizione di centro destra (Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia e centristi) intorno al 46% dei consensi; la coalizione (che proprio coalizione non è) intorno al PD (Alleanza Sinistra Italiana/Verdi, +Europa di Bonino e Impegno Civico di Di Maio e Tabacci) raggiungerebbe il 29%; il Movimento 5stelle supererebbe il 13%, il Terzo polo (Calenda e Renzi) sfiorerebbe il 7% mentre gli altri starebbero sotto la soglia del 3% richiesta per eleggere qualche parlamentare.
Detti così, e pur prendendo le stime con tutte le cautele dovute alla diffidenza con cui gli italiani esprimono le loro opinioni, non desterebbero particolari preoccupazioni: in democrazia il responso degli elettori è sacro. Ma...
Sì, c'è un ma: con questa legge elettorale potrebbe accadere che quel 46% di voti si trasformi nel 70% di seggi, grazie al meccanismo dei collegi uninominali maggioritari dove si vince con un voto in più dell'avversario, collegi che andrebbero prevalentemente al centrodestra.
Se si pensa che, ai tempi di De Gasperi, fu definita legge truffa quella che assegnava il 60% di seggi alla coalizione che avesse raggiunto la maggioranza assoluta (cioè più del 50%) dei voti, si può valutare quale ferita l'attuale legge elettorale infligga alla rappresentanza democratica.
Rappresentanza, per altro, messa in discussione dal crescente astensionismo: Solo il 45% degli elettori ha deciso che andrà a votare, ma di questi solo 6 su 10 sa già a favore di chi esprimerà il suo voto; gli altri decideranno all'ultimo momento, forse solo quando avranno la scheda in mano.
In più, agli elettori è sottratta la scelta del parlamentare dal quale vorrebbe essere rappresentato: forse c'è qualcuno che gli ispira fiducia, ma non può sceglierlo: le liste sono bloccate, non ci sono preferenze, quindi anche se l'elettore trovasse un nome gradito, deve prendere tutto il pacchetto, cioè non solo gli altri nomi della lista bloccata ma anche qualcuno di cui proprio non si fida.
Eppure sarebbe bastato poco per trasformare una brutta legge in quacosa di accettabile: sarebbe bastato contare i candidati eletti nei collegi uninominali nella quota proporzionale spettante al partito che rappresenta. Così si sarebbero evitate coalizioni spurie, cioè costruite solo per vincere ma senza un programma comune; ogni partito avrebbe presentato i suoi uomini e almeno si sarebbe potuto scegliere quel partito.
Oggi non si può fare neanche questo: o tutti o niente, prendere o lasciare.
Come ciliegina sulla torta, dopo la riduzione del numero di palamentari e la promessa - non mantenuta - di una legge elettorale proporzionale, può accadere che saltino tutti quei paletti che la Costituzione aveva previsto per bilanciare i poteri: con una maggioranza (artificiosa) di due terzi si può modificare la Costituzione, si possono eleggere il Capo dello Stato, i membri del Consiglio Superiore della Magistratura, etc... senza alcun confronto parlamentare.
Perciò questo appuntamento elettorale è da affrontare con giudizio, riflettendo sulle conseguenze che potrebbero derivarne. Senza inutili allarmismi, ma considerando che alcune delle proposte del centrodestra potrebbero mettere a rischio il nostro impianto costituzionale. Obiettivi come il presidenzialismo o, ancora peggio, l'autonomia differenziata delle Regioni - a vantaggio di quelle più foti - rischiano di minare la coesione sociale e la stessa unità del paese, o, comunque, di aggravare un livello di disuguaglianza economica e sociale già ai limiti di guardia.