Scuola: una proposta di riforma

18.02.2023

«Se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati»

don Lorenzo Milani, Lettera a una professoressa


Il Disegno di Legge (che si compone di 8 articoli) non vuole, in nessun modo, essere risolutivo dei tanti problemi e delle molteplici e complesse necessità del sistema della formazione e dell'istruzione. Detta le norme generali inerenti la scuola - ribaltando la logica che ha guidato, in almeno un ventennio, le politiche sull'istruzione - su alcune delle urgenze fondamentali della scuola e delle scuole italiane; aumentando consistentemente il tempo scuola; creando le condizioni per consentire ai docenti una didattica più attenta e vicina alle esigenze di formazione umana, culturale e civile; contribuendo a rimuovere, secondo il dettato costituzionale, alcune delle condizioni che limitano - in particolare in alcune aree del Paese - l'effettivo esercizio del diritto allo studio.In particolare, è mosso dall'allarme per i dati sulla dispersione scolastica che caratterizzano il nostro Paese. Siamo fra i peggiori Paesi in Europa per dispersi dalla scuola, le percentuali sono preoccupanti, in alcune regioni (Sicilia) e, all'interno di queste, in alcune città (Catania) il nostro Paese perde una ragazza o un ragazzo ogni quattro. Significa che queste persone non saranno in grado di gestirsi un progetto di vita autonomo, soventi vittime del lavoro nero e sottopagato quando non intercettati dalla malavita organizzata, non in grado di partecipare appieno alla vita democratica del nostro Paese. A pochi mesi dai cento anni dalla nascita di don Lorenzo Milani la sua denuncia sul fatto che la scuola «Cura i sani ed allontana i malati» ha bisogno di trovare una risposta del sistema pubblico, forte e determinata. 

Il DDL è incentrato su tre i-terventi specifici, ma con una valenza generale e coerente con la missione che la Cost-tuzione assegna alla scuola pubblica: riduzione del numero di alunni per classe; estensione del tempo pieno e del tempo prolungato in tutti gli ordini di scuola; e previsione di interventi a favore degli Enti Locali che, per le condizioni del loro bilancio, non sono in grado di sostenere i servizi di mensa e di trasporto; creazione di Zone di educazione prioritaria e solidale (ZEP) nelle aree più disagiate del Paese.

L'art.1 pone con chiarezza il problema reale delle classi numerose, nelle quali è impossibile produrre una didattica realmente attenta alle difficoltà degli alunni più fragili; fragilità che sono sempre più diffuse, sia sul piano umano, che su quello cognitivo e dell'attenzione, anche per l'impatto sempre più potente e pervasivo delle tecnologie digitali. Da questo punto di vista occorre ribaltare il quadro legislativo precedente, che prevedeva numeri minimi, invece che numeri massimi di alunni nelle classi. L'applicazione della riforma Tremonti che ha incrementato di un punto, nel triennio 2009/2011, il rapporto alunni/docente per classe (dall'8,94 del 2008 al 9,94 del 2021), ha avuto come effetto immediato la perdita di ben 86.931 posti da insegnanti e l'incremento inevitabile del numero degli studenti per classe, fino al raggiungimento degli attuali inaccettabili livelli; detti provvedimenti legislativi si intendono superati e cancellati dal presente DDL.

Le scuole secondarie di 2° grado possono oggi comporre classi di 30-33 studenti. Ridurre il numero degli alunni in classe è elemento decisivo per garantire qualità della didattica, maggiore coinvolgimento e apprendimento da parte degli studenti, piena integrazione di ragazzi/e con disabilità. Una relazione didattica e formativa davvero attenta ai processi di crescita, alle difficoltà e al complesso della vita di bambine e bambini e di adolescenti con problematiche crescenti e complesse, non è garantita solo da numeri più piccoli, ma è certamente da essi facilitata e incentivata, favorendo, così, interventi concreti contro l'abbandono scolastico.

Per quanto concerne gli articoli 2 e 3, occorre ricordare che il tempo pieno (TP), fin dalla sua nascita nel lontano 1970, ha contribuito a far vivere il diritto all'istruzione come uno dei diritti fondamentali di cittadinanza: dall'enunciazione del principio dell'obbligo scolastico all'impegno per il successo formativo. Il messaggio pedagogico, della legge istitutiva del TP, è stato sempre chiaro: un rapporto più coraggioso con la comunità, con la cultura del territorio per mantenere una grande capacità di accoglienza, accettazione delle diversità ed identità e per proiettare, in un orizzonte più vasto, la forza della conoscenza e dell'istruzione. Fu la riforma Moratti ad allentare la necessità dei rientri, portando il tempo scuola a 30 ore settimanali e distinguendo tra curricolo obbligatorio di 27 ore e curricolo facoltativo di 3 ore. Successivamente, con la riforma Gelmini, il monte ore delle classi di scuola primaria a tempo normale si attestò definitivamente sulle 27 ore settimanali. Qualsiasi proposta di estensione e rilancio del tempo pieno, quale investimento sociale e strutturale nel lungo periodo, non può prescindere da un necessario ripensamento complessivo degli spazi dell'educare e la realizzazione progressiva di mense in tutti gli edifici scolastici. Va quindi prevista un'articolazione delle proposte didattiche in luoghi idonei: biblioteche e angoli di lettura, laboratori espressivi e creativi, palestre e spazi per il movi-mento e il teatro, aule da dedicare alla pittura, alla musica, ad attività multimediali.

La proposta prevede non solo l'estensione del TP nelle scuole primarie, ma anche del Tempo prolungato negli istituti di istruzione secondaria di I e II grado. È sempre più urgente un aumento reale del tempo-scuola, in quanto è sempre maggiore il bisogno di non lasciare soli bambini e adolescenti con le loro difficoltà, tanto di carattere sociale, quanto di natura formativa; si chiarisce che la progettazione delle attività pomeridiane - per quanto possa avvalersi, in parte, di contributi esterni - deve comunque essere definita dai collegi dei docenti e dai consigli di classe, in armonia col progetto formativo della scuola e col contributo di tutte le sue componenti. Si tratta, inoltre, di attivare l'estensione generalizzata del tempo scuola, per far fronte alle povertà educative, anche nella secondaria di primo grado, così come nella scuola secondaria di secondo grado; estendendo, tra l'altro, l'obbligo scolastico a 18 anni.

L'articolo 3 ribadisce l'urgenza di garantire l'accesso all'asilo nido e alla scuola dell'infanzia (da 0 a 6 anni) a tutte le bambine e bambini dell'intero territorio naziona-le, superando ogni forma di discriminazione sociale e territoriale, in quanto il processo formativo, inteso nel suo senso più ampio, è fondamentale fin dai primissimi anni della crescita. La precocità dei processi di decondizionamento culturale e di socializzazione sono fondamentali anche per combattere la dispersione scolastica. 

Gli articoli 4, 5 e 6 istituiscono le Zone d'educazione prioritaria e solidale; un modello attivo in Francia da molti anni. In un contesto in cui solo il 19% degli studenti riesce a ottenere un titolo di studi superiore a quello dei propri genitori e in cui, in generale, il proprio ambiente d'origine pesa ancora come una sentenza inappellabile fin dalla nascita, è prioritario intervenire per contrastare la piaga della povertà educativa e dell'abbandono scolastico nelle periferie, nelle aree interne e montane e, in generale, nelle realtà più sofferenti. In molti territori o aree urbane, e in alcune tipologie di scuola, i livelli di dispersione scolastica e di abbandono sono, infatti, di gran lunga superiori a quelli della media europea e del resto del Paese; ciò certifica le differenze territoriali e le diseguaglianze sociali; il continuo richiamo al merito, in una simile situazione, in cui gli studenti partono da condizioni sociali profondamente diverse, è un inganno ideologico. A fronte di questa grave stortura, la proposta vuole contrastare alla radice il sistema scolastico attuale profondamente selettivo; di fatto, le maggiori risorse vengono indirizzate alle scuole meno problematiche: la maggior parte dei finanziamenti viene destinata alle scuole con organico più stabile e con una maggiore progettualità interna, in quanto in esse si deve far fronte a minori esigenze ed emergenze, disattendendo precise previsioni contrattuali del Comparto Scuola. Con il DDL si vuole invertire la rotta, ispirandosi al modello francese delle ZEP (Zones d'Education Prioritaire) che, dagli anni Ottanta del secolo scorso, ha teso a contrastare le diseguaglianze scolastiche nelle aree più svantaggiate, a cui vengono riconosciuti superiori contingenti di organico, quindi la possibilità di un inferiore rapporto docenti/studenti. 

Nel comma 1 dell'articolo 5 si precisa che, in dette ZEP, il rapporto alunni-docenti per ogni classe non possa superare i 15 studenti. 

 Gli articoli 7 e 8 estendono l'obbligo scolastico fino a 18 anni, con la completa gratuità dell'accesso alla formazione scolastica pubblica, dal nido fino al completamento del ciclo scolastico della secondaria di secondo grado, elevando l'età di accesso al lavoro.

(stralcio della Relazione illustrativa del Disegno di Legge presentato dai deputati del gruppo Verdi - Sinistra Italiana)