Senza partecipazione una Democrazia in sofferenza

Se, quando si parla di Democrazia in Italia, non si può certo mettere in dubbio che viviamo in un Paese democratico, non si può non rilevare, nello stesso tempo, come la qualità di tale Democrazia sia, da qualche decennio, molto carente.
Sono evidenti le difficoltà che da tempo si incontrano nella partecipazione democratica alla vita dei diversi livelli istituzionali e, in particolare, lo scarso interesse che moltissimi cittadini dimostrano verso la gestione della cosa pubblica, anche in occasione, ormai, del confronto elettorale: basterebbe ricordare che nelle recenti elezioni suppletive romane per ricoprire in Parlamento il seggio lasciato vacante dal nuovo Sindaco Gualtieri, ha votato solo l'11,33% del corpo elettorale, ovvero 21 mila cittadini sugli oltre 185 mila aventi diritto. Al livello locale, nelle sedute delle Consiglio comunale di Pattada, i cittadini presenti per assistere ai lavori si contano, da anni, sulle dita di una mano.
Tra le cause più importanti, oltre alla sfiducia purtroppo generalizzata del cittadino comune verso la politica e i partiti che ne sono espressione, vi è quello dei sistemi elettorali più idonei che, al livello nazionale e locale, non favoriscono né garantiscono una migliore partecipazione delle persone alla vita democratica.
Si discute, da tempo, delle soluzioni più adeguate per modificare le leggi elettorali vigenti.
Alcuni sostengono che il sistema maggioritario sarebbe in grado di assicurare una scelta degli elettori più omogenea e una maggiore stabilità di governo. In realtà questo sistema (forse più consolidato e adatto in altri paesi, come gli USA o il Regno Unito, per le loro tradizioni politiche, economiche e sociali) in Italia non ha dato e non è in grado di dare una buona prova, né dal punto di vista della rappresentatività, né da quello della soluzione dei grandi problemi economici e sociali e neppure per quanto riguarda la stabilità: infatti, premia eccessivamente le coalizioni vincenti, e non ha garantito una continuità dei governi, soprattutto perché le maggioranze sono state costituite al loro interno attraverso una aggregazione di minoranze litigiose (si pensi ai governi di centro-sinistra, sostenuti anche da una decina di partiti, da Mastella a Bertinotti; oppure ai governi di centro-destra, che mettevano insieme gli eredi del post-fascismo, i resti della DC e del PSI, i leghisti nordisti e separatisti).
Anche al livello degli Enti Locali si è seguita la stessa strada dei sistemi maggioritari, ritenendo in questo modo di garantire sia la stabilità degli esecutivi, sia l'efficienza dell'azione amministrativa: con la legge 81 del 25 marzo 1993 si è passati all'elezione diretta del sindaco, attribuendo un premio di maggioranza di due terzi alla lista vincente e lasciando un terzo di seggi alle altre.
Questa scelta ha avuto conseguenze negative per il tessuto democratico del nostro paese:
1) ha svuotato di poteri reali il Consiglio Comunale, che è stato trasformato da organo rappresentativo per eccellenza in sede di ratifica delle scelte adottate da altri organi istituzionali, quali Sindaco e Giunta;
2) ha attribuito al Sindaco la figura del dominus, nell'illusione di migliorare la qualità e l'efficienza delle scelte amministrative;
3) ha contribuito a mettere ulteriormente in crisi la presenza e l'azione dei partiti politici, che rappresentavano, nella storia democratica italiana, l'importante anello di congiunzione tra il bisogno di rappresentanza di ampie fasce di cittadinanza e la possibile soluzione dei loro problemi nelle sedi istituzionali dove si decide.
Della ricaduta negativa di questi fatti, possiamo avere un emblematico esempio anche nella nostra realtà locale. Ormai da anni, da decenni, anche a Pattada, le competizioni elettorali si limitano alla scelta della persona ritenuta dotata di una più ampia cerchia di amicizie, di conoscenze, di parentele, trascurando, in molti casi, l'esigenza di approfondire le scelte di tipo politico-ammini-strativo, ritenute più idonee alla soluzione dei tanti problemi da affrontare: dall'urbanistica, alla gestione del territorio comunale, dalla scuola ai problemi dei giovani e del lavoro.
In questo quadro - precisando che non si tratta di mettere in discussione l'impegno nella quotidianità amministrativa degli eletti - anche le ultime Amministrazioni non sono state capaci di dare una svolta a tale situazione, contribuendo anzi ad aggravarla per quanto riguarda i livelli di partecipazione democratica: a distanza di oltre un anno dal suo insediamento, e nonostante una delle rare iniziative dell'attuale minoranza, il Consiglio comunale non è stato ancora posto nelle condizioni di costituire e far funzionare le Commissioni più importanti, che potrebbero consentire un miglioramento dei livelli di partecipazione e sviluppare proposte per la soluzione dei problemi nei diversi settori economici e sociali del nostro centro.
In questa situazione di grave carenza democratica non sarà facile trovare le soluzioni a breve termine, dato anche lo stato attuale di grande confusione politica. Sono in campo però proposte e iniziative per una nuova legge elettorale che modifichi il sistema di voto in senso proporzionale, magari con una soglia di sbarramento tra il 3% e il 5%. Potrebbe essere un buon inizio per recuperare e attuare la sostanza di quanto previsto dall'art. 49 della Costituzione Italiana: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». (gt)