Enrco Berlinguer: un leader indimenticato

08.06.2022

Perché Berlinguer è diventato un idolo, un mito? Nella storia della nostra giovane Repubblica c'è un solo personaggio che può competere con la sua popolarità: Sandro Pertini. Ma mentre l'ammirazione per il Presidente, così passionale, empatico ed emotivo, è comprensibile, quella per il segretario sardo, così schivo e apparentemente timido, è più misteriosa.

La figura di Berlinguer è quasi sacralizzata. A lui sono intitolate vie, circoli e sezioni di partito, fondazioni culturali; la stima nei suoi confronti è pressoché unanime; chiunque riconosce ancora oggi a Berlinguer un ferreo rigore morale e una limpida onestà personale, vedendo nella sua persona un esempio di rettitudine e l'incarnazione di un'idea alta e nobile di politica. Nelle memorie di chi lo ha conosciuto (personalmente o politicamente) Berlinguer resta il segretario in grado di ascoltare i bisogni degli operai, e di trasformare quei bisogni in una bandiera per cui lottare; un segretario in grado di dare al suo partito la funzione di recepire le necessità della classe sociale cui il PCI si rivolgeva per trasmetterle in Parlamento e nelle istituzioni.

Ma dietro la sacralizzazione di Berlinguer c'è soprattutto l'assenza di eredi. Berlinguer fu forse l'ultimo esemplare di leader in grado di unire quasi tutta la sinistra italiana. Dopo di lui nessuno c'è più riuscito. Abbiamo assistito alla moltiplicazione di partiti più o meno insignificanti dal punto di vista elettorale. Abbiamo assistito anche alla mutazione dei partiti della sinistra, o del centro-sinistra, oramai incapaci di rappresentare gli interessi delle classi sociali più fragili (basta osservare le mappe dei risultati nelle elezioni degli ultimi anni per comprendere plasticamente il fenomeno che, va detto, non è solo italiano).

Enrico Berlinguer si avvicinò giovanissimo, a 21 anni, alla politica e al comunismo, fondando la sezione della Gioventù comunista di Sassari. Per la sua militanza giovanile fu arrestato nel '44, e passò quattro mesi in carcere, con l'accusa di essere l'istigatore delle manifestazioni per il pane. Dal '48 cominciò la carriera politica. In pochissimo tempo si fece notare dal Segretario Palmiro Togliatti e venne scelto come funzionario del PCI e segretario della Federazione giovanile comunista. Nel 1972 venne eletto segretario del PCI, il più grande partito comunista dell'Occidente.

Erano gli anni di piombo. Nel '69, l'anno delle bombe, era cominciata la strategia della tensione. La violenza politica nel nostro Paese continuava a crescere; minuscoli gruppi armati nascevano a destra e a sinistra. La tensione saliva, in maniera voluta e programmata: l'obiettivo era destabilizzare per stabilizzare, porre un argine al cedimento a sinistra del sistema politico-istituzionale e lavorare per il riassetto in chiave moderata dell'esercizio del potere. I nostri servizi deviati contribuirono notevolmente ad alimentare la violenza.

Berlinguer cominciò il suo mandato nel segno del dialogo con le componenti più progressiste della DC, in particolare con Aldo Moro, preoccupato per la salute della democrazia italiana, indebolita dalla assenza di alternanza nella politica italiana, con la guida del Paese affidata praticamente a un solo partito dal dopoguerra; da qui il tentativo di avvicinare il PCI alle responsabilità governative. Dal canto suo Berlinguer aveva iniziato a prendere le distanze dal comunismo sovietico e dal suo modello autoritario. Ma il tentativo di dialogo fu cosparso di ostacoli e impedimenti, interni ed esteri. Da una parte l'alleato statunitense cominciò a fare pressioni sulla DC, arrivando anche alle minacce dirette nei confronti di Aldo Moro del potentissimo Segretario di Stato Kissinger. Dall'altra le componenti più rigide e filosovietiche del PCI tentavano di bloccare Berlinguer e il suo distacco da Mosca. Lo stesso segretario sospettò di aver subito un attentato durante un viaggio ufficiale in Bulgaria: la linea politica del PCI berlingueriano non era gradita all'URSS.

Dopo il rapimento di Aldo Moro, la sua esecuzione e il ritrovamento del cadavere tra la sede della Democrazia Cristiana, e quella del Partito Comunista, il PCI di Berlinguer diede l'appoggio esterno al quarto governo Andreotti, di unità nazionale; poi tornò all'opposizione, stabilmente. Ogni spiraglio di dialogo tra democristiani e comunisti era stato chiuso con la violenza. E anche Berlinguer, consapevole del fallimento del progetto, tornò a fare del PCI un Partito e-clusivamente di lotta e di opposizione, come d'abitudine.

Fino al 7 giugno del 1984. Berlinguer quel giorno era a Padova, per le imminenti elezioni europee. Durante il discorso fu colto da un ictus. Riuscì a concludere con enormi difficoltà, mentre il pubblico preoccupato quasi lo implorava di fermarsi.

Fu riaccompagnato in albergo. Entrò in coma per non uscirne più. Morì l'11 dello stesso mese. Il 13 giugno ci fu il funerale a Roma, e oltre un milione di persone giunse nella Capitale per dare l'ultimo saluto a quello che resta uno dei personaggi politici più amati d'Italia.

Più nessuno è riuscito a raccoglierne l'eredità, anche perché la politica italiana ha subìto la catastrofe della scomparsa dei partiti e l'avvento delle leadership personali, favorite anche dal cambiamento del sistema elettorale da proporzionale a maggioritario. 

Giacomo Multinu