Un problema serio

16.06.2021

La scuola italiana mostrava. già prima della pandemia, segni di sofferenza: strutture e didattica obsolete, dispersione scolastica, bassi livelli medi di apprendimento secondo gli standard internazionali. Ne risultava indebolita la sua funzione educativa e di promozione sociale, quella che così bene aveva svolto nell'immediato dopoguerra. La mentalità aziendalista che ha contrassegnato le scelte degli ultimi governi, di diverso colore politico, ha aggiunto tagli spesso indiscriminati che hanno fatto emergere con grande evidenza la sua attuale difficoltà a riattivare, in seno a una società frammentata, quell'ascensore sociale che mira alla riduzione delle disuguaglianze tra ceti e classi sociali.

Dopo due anni scolastici gravemente segnati dalla epidemia, si lavora per una riapertura, a settembre, in condizioni di normalità. Tutto sta a intendersi sul concetto di normalità: se fosse quella di prima del Covid, significherebbe che l'Italia rinuncia ai suoi obiettivi costituzionali di progresso e uguaglianza sociale.

Cosa serve è noto: investimenti massicci nelle strutture e nelle dotazioni didattiche, riforma della formazione e del reclutamento dei docenti (oltre al riconoscimento, anche economico, del loro lavoro), revisione degli orari di docenti e studenti, interazione con le istituzioni locali e con la società (che significa tenerla aperta tutto il giorno tutti i giorni), e integrazione dei programmi centralisti e burocratizzati con attività che aiutino ogni ragazzo a trovare la sua strada, a valorizzare i suoi talenti, per sé e per l'intera società.

Esistono, in Italia e in Europa, modelli ai quali rifarsi per una riforma dell'insegnamento che si adegui ai tempi e alle nuove tecnologie disponibili. Forse sarebbe utile una distinzione tra docenti a tempo pieno che trascorrano nel-la struttura scolastica trenta-sei ore, consentendo l'apertura prolungata degli edifici, il necessario dialogo con le famiglie, il recupero degli allievi, etc.) e docenti a tempo parziale che - magari esercitando anche altre professioni o mestieri - garantiscano una feconda relazione con la società portando nella scuola le innovazioni e le migliori pratiche che il progresso scientifico e sociale fa emergere.

Altro elemento tutt'altro che trascurabile è la sinergia con le amministrazioni locali: c'è da restare sbalorditi di fronte a quanto affermato nel colloquio con l'assessore comunale (a pagina 4) circa il finanziamento per un laboratorio extra-curriculare, erogato dalla Regione per l'anno scolastico 2017-2018 e rifiutato, pare, dalle autorità scolastiche. Ci piacerebbe conoscere le motivazioni, probabilmente dovute a una concezione della scuola come un corpo separato, governato a forza di circolari interne e impermeabile alle esigenze del luogo in cui svolge la sua preziosa funzione.

L'Amministrazione comunale non si dia per vinta e faccia valere tutto il suo peso. La scuola deve essere cambiata e, forse, è l'ultima occasione.