Un settore in sofferenza

I giovani e la Sardegna dei paesi, la crisi del turismo e le opportunità post-Covid
Che la pandemia da covid-19 abbia generato - e stia generando - conseguenze a tutti i livelli della società umana non è di certo una novità per nessuno, pur dovendo ammettere di trovarci, al momento attuale, ancora lontani dal comprendere appieno quali e quanto forti potranno essere. Quello che è certo, a più di un anno dall'arrivo in Europa della pandemia, è che essa ha posto l'economia globale, seppur per un periodo limitato, di fronte a un arresto forzato di proporzioni mai viste nella storia del capitalismo post-industriale.
Com'è noto, uno dei settori economici maggiormente colpiti è quello che, forse, incarna maggiormente l'immagine stessa del mondo globalizzato nel quale viviamo: il comparto dei viaggi e del turismo. Le restrizioni alla libertà di spostamento, il divieto di eventi e manifestazioni e l'incertezza generale sono solo alcune delle reazioni alla pandemia che hanno colpito il settore (capace di contribuire per il 10,3 % al PIL mondiale nel 2019, occupando più di 300 milioni di addetti in tutto il mondo, circa il 10% del totale).
Un altro dato preliminare, centrale per la riflessione, è l'impatto del settore anche in termini di emissioni nocive. Secondo gli studi, le emissioni di CO2 causate dal settore T&T (viaggi e turismo) erano in crescita nel periodo pre-Covid, arrivando a rappresentare fino all'8% sul totale, e rendendolo de facto una delle industrie più inquinanti del pianeta.
La riduzione del traffico internazionale dei passeggeri è stata drastica e sorprendente, almeno nei primi mesi di pandemia. In breve tempo, si è assistito ad un miglioramento della qualità dell'aria in molte parti del mondo, mentre, dall'altro lato, milioni di persone perdevano la fonte principale di reddito .
Dunque, di fronte a questi paradossi è il caso di ammettere che, pandemia a parte, questo sistema economico i suoi problemini li ha, e il virus li ha resi soltanto più evidenti e vicini. In particolare, mi riferisco alla dipendenza economica che il turismo esercita su molte regioni del mondo, tra le quali la nostra.
Pertanto, di quella retorica basata sullo sviluppo turistico come «unica via», che spesso abbiamo sentito da parte di politici e amministratori a vari livelli, non resta che decretare il fallimento. Fallimento, perché nono-stante gli arrivi e le presenze in Sardegna fossero, prima del Covid, in costante aumento, la statistica mostra segni di depressione economica - e non solo - alquanto preoccupanti, soprattutto per chi, come me, a 26 anni è ancora indeciso se andar via o restare in Sardegna... Magari, dopo anni di studio, a lavare i piatti (per tre euro e mezzo all'ora) nel ristorante di qualche imprenditore che neanche paga le tasse in Italia.
Senza voler mettere in dubbio la dignità di qualsiasi lavoro, la situazione dei giovani è grave e se non si prenderanno serie decisioni politiche sarà difficile, difficilissimo immaginare un futuro in Sardegna per le generazioni più giovani.
Prima di ogni decisione, è importante l'auto-critica che porta ad una sana critica dell'esistente: due cose, queste, rare di questi tempi, sia da parte della società civile che, soprattutto, da parte di chi è interno a meccanismi decisionali.
Dopo aver criticato (forse non abbastanza aspramente) e chiarito il contesto del ragionamento, è il momento di arrivare al nocciolo della riflessione: le opportunità
In questo momento, ancora dominato dall'incertezza e dalle restrizioni, le località turistiche più famose (e affollate) si trovano in una fase di riprogettazione dei propri servizi, in attesa che le vaccinazioni riportino il turismo in attività. Nel mondo accademico si parla addirittura di ritorno all'Anno Zero affermando che, dopo il Covid, il mondo del T&T, così come anche i gusti e le richieste dei turisti, non saranno più gli stessi di prima.
Secondo gli esperti del settore, il turismo del futuro sarà caratterizzato dalla ricerca di spazi bassamente popolati, ricchi di risorse naturalistiche e di specificità culturali, gastronomiche e artigianali nel rispetto dell'ambiente. Leggendo queste caratteristiche, sembra impossibile non pensare alle potenzialità di Pattada, del suo territorio e dei suoi prodotti tipici.
Località come la nostra, dotate di forti attrattori come sa Resolza e conosciute a livello internazionale, potrebbero avere un'ottima chance di diventare destinazioni turistiche di qualità. Non che il paese debba cambiare completamente la sua vocazione economica e sociale esistente in favore del solo turismo, perché sarebbe impensabile e dannoso; ma cercare di integrarla con delle iniziative turistiche maggiormente strutturate e orientate verso nuove tendenze - come il turismo esperienziale - creando reti tra i diversi attori economici e investendo in educazione ambientale, formazione turistica e gestionale, favorendo lo sviluppo di professionalità.
In un paese come il nostro, che si è sempre speso tantissimo per la propria memoria storica e la propria cultura anche in ambito turistico, sono proprio le competenze specifiche che, forse, sono mancate maggiormente ai progetti visti finora, nonché una visione di lungo periodo.
Se progettato e gestito con attenzione, senza puntare tanto a flussi mastodontici quanto a turisti rispettosi, un progetto turistico può diventare fonte di reddito e occupazione aggiuntiva, oltre che strumento di valorizza-zione e salvaguardia del territorio in sé. Un turismo lento e centrato sui territori potrebbe diventare, e forse diventerà, l'unica maniera per ridurre gli impatti negativi di questa pratica che da anni è parte integrante della nostra vita e, senza dubbio, la arricchisce in vari aspetti. È il caso di approfittarne in Sardegna, sganciandoci dallo stereotipo del solo mare e coste e riappropriandoci della narra-zione su di noi, riportando il centro decisionale nei territori. Che servirebbe, nel migliore dei risultati auspicabili, a creare le condizioni per frenare lo spopolamento e l'invecchiamento progressivo in atto nelle zone interne.
In questi ultimi mesi, il G.A.L. Logudoro-Goceano sta lavorando alla costituzione di «Club di Prodotto» turistici sul territorio, attraverso consulenze e incontri online con esperti, rivolti ad imprese già attive e a singoli cittadini interessati ad avviarne di nuove. Il GAL (Gruppo di Azione Locale) è uno strumento, finanziato con fondi europei, con finalità di promozione dello sviluppo locale, di facilitazione e consolidamento delle relazioni tra privati e amministrazioni, e di formazione. Purtroppo, almeno nel nostro paese, questo strumento risulta poco conosciuto. Consiglierei i lettori, soprattutto i più giovani, di informarsi sulle sue attività e, se interessati, contattarli. È giusto usare i pochi strumenti che si hanno. E inviterei riflettere su questi temi, sulle responsabilità di ognuno e sulle possibilità che qualcosa nel vasto mondo e nel piccolo paese cambi per il meglio, per tutti e tutte. Il tempo per riflettere, di questi tempi, non ci manca proprio.
Salvatore Cadeddu